Ora che sono Nato


Questa mia recensione al romanzo "Ora che sono Nato" di Maurizio Fiorino, edito da e/o, è stata pubblicata oggi sul Quotidiano del Sud







Se ti chiami Fortunato ma nasci in una famiglia dove ogni lieto evento è scientificamente annunciato da disgrazie, forse non hai proprio il nome giusto. Il protagonista del nuovo romanzo di Maurizio Fiorino, “Ora che sono Nato” (qui al debutto con le edizioni e/o) apprende dell’implacabile profezia dei Goldino dalla madre Tina, e suona subito come un destino già tracciato. Dopo un lungo ritorno alla fotografia (sua anche la bella immagine mediterranea di copertina del libro), il crotonese Fiorino approda alla terza prova narrativa, che segue “Amodio” e “Fondo Gesù”, continuando ad esplorare i dolori dell’età ingrata - la più bella e tormentata della vita, soprattutto se si vive a latitudini periferiche. Il suo Nato è bambino e poi adolescente, come lo erano stati i personaggi degli altri libri. Ma questa volta si nota un netto cambio di tono.
L’autore è cresciuto e osserva da una distanza anagrafica quieta la formazione del giovane Nato. Se “Amodio” e “Fondo Gesù” erano pasoliniani e pervasi da una vis cupa che fatalmente incombeva sulla levità del racconto, questo romanzo è piuttosto una commedia amara. Il varco con la scrittura dei libri precedenti si apre anche nella scelta di stemperare un certo realismo crudo, così come gli eccessi pittoreschi. Non è un rinnegarsi da parte dall’autore – se lo fosse sarebbe sbagliato, perché quei due romanzi sono, a parere di chi qui scrive, figli ribelli e dissacranti felicemente gettati nel mondo. Ma si cambia, forse cambiano pure le urgenze, e infine a decidere è la storia. In questo romanzo l’irruenza emotiva è mitigata da uno sguardo quieto del narratore, una solidale cognizione delle debolezze umane e con essa una cifra stilistica necessariamente più delicata e “tradizionale”.
La famiglia è tema prediletto dalla letteratura, e questi Goldino sono un eccezionale campionario di traumi, sentimenti repressi, contrasti distruttivi. Il padre Peppe è un panettiere juventino, sognatore incompreso e malato di gesti scaramantici. Tina, pasionaria matrona della casa, è insoddisfatta e rancorosa: afflitta da vari malanni intervallati da una fallimentare ossessione religiosa, recrimina sulle catastrofi piovutele addosso insieme a un matrimonio maledetto ed è incapace di manifestazioni d’amore per i figli, costantemente disapprovati. Una prole a dir poco originale, composta da Tonio, bulletto con il culto del calcio; la bugiarda patologica Betta; e il nostro Nato, grande ammiratore - ma non per afflati erotici - di ragazze di Non è la Rai e Spice Girl (godibili le atmosfere anni Novanta con le memorabilia dell’epoca). Nato che ben presto capirà senza equivoci di essere gay.
Sebbene questo filo rosso si srotoli lungo tutta la storia, non è un romanzo sull’omosessualità. Nato si sente diverso, ma non perché vorrebbe diventare Mel B e s’innamora di un ragazzo. Concepito per salvare l’unione in crisi tra i genitori, ha invece recato nuove sventure: nell’albero genealogico dei Goldino c’è un prima e un dopo Nato. A testimoniarlo sono le fotografie di mitologiche ferie in luoghi da spasso, cessate d’improvviso con la nascita del terzogenito. Cosa sia avvenuto nessuno riesce a spiegarlo, ma il mostruoso, ribollente coacervo di connessioni malsane continuerà a gonfiarsi fino ad esplodere. Una via di scampo non esiste, poiché in quell’eterna recita d’infelicità ogni ruolo è essenziale alla sopravvivenza dell’altro. Salvarsi dalla famiglia significherebbe morire, come Nato scoprirà con disilluso sgomento durante un viaggio a Parigi insieme ai genitori, dove una serie di situazioni tipiche della comicità da meridionali in vacanza precipitano in tragedia cattiva.
Non c’è bisogno di essere omosessuali per soffrire, provare vergogna, sentirsi soli e disperati. Tra i Goldino questi stati d’animo sono ordinaria amministrazione. E non è solo Nato ad avere nel cuore “quella Cosa”, l’ideale inseguito e mai raggiunto. Il colpo di grazia per il capofamiglia Peppe arriva con il naufragio del magniloquente e costoso progetto di panificio. Cattedrale nel deserto dell’anima, saldamente incastonata in un territorio amato e decadente. Per portare alla luce la sua Cosa, Fortunato dovrà andarsene e lasciare tutto. Strapparsi via la terra e la famiglia – chi ci riesce è davvero, una seconda volta ma per sempre, nato al mondo.

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