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Visualizzazione dei post da marzo, 2022

Coda - I segni del cuore

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“Coda” non ha la passione tumultuosa di “Figli di un Dio minore”, ma in questo film che per l’Academy è il migliore dell’anno emoziona molto rivedere Marlee Matlin in un ruolo simile a quello che le valse l’Oscar nel 1986. Allora recitava accanto a William Hurt (altro colpo al cuore), adesso l’attrice 56enne è una madre sordomuta nel rifacimento del francese “La famiglia Belier”, oggi diretto da Sian Heder, la storia di una ragazza unica udente in una casa di sordomuti (il titolo è infatti l’acronimo di “Children of Deaf Adults”, figli di genitori sordi). 

Spencer

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Sono certa che a Diana sarebbe piaciuto il ritratto di Pablo Larrain nel film intitolato orgogliosamente “Spencer”, come una rivendicazione d’identità, un’appartenenza liberatoria. Un biopic atipico, che si dipana attraverso atmosfere gotiche e persino venature d’orrore, e contamina la realtà storica con l’immaginazione – che qui è tutta contro il destino e a favore di Diana. di quello che aveva desiderato e avrebbe potuto essere se lei ci fosse ancora, oggi tenera nonna e forse donna innamorata e finalmente felice.

Il potere del cane

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Durante la visione di “Il potere del cane” si avverte una sotterranea inquietudine, che inizia come rumore di fondo e poi, senza poterlo evitare, diventa oppressione, angoscia, tormento. Premesso questo, aggiungere che il film di Jane Campion è molto bello potrebbe somigliare a una confessione di masochismo: perché vedere qualcosa che provoca sofferenza? 

Licorice Pizza

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Sono tra i pochi a non aver adorato “Licorice pizza”, nonostante sia oggettivamente un film bello e fatto benissimo. Il mio problema credo sia aver subito captato come questo osannatissimo di Paul Thomas Anderson (regista che mi piace molto, preciso) non sia una storia per giovani, come si potrebbe pensare in superficie, e neanche per quelli della mia generazione. Non ha un target, insomma – e questo indubbiamente è un merito. Ma a complicare le cose aggiungo che non è neanche un’opera universale – che significherebbe la fine di ogni pretenziosa elucubrazione, il grande obiettivo dell’arte capace, per citare un fulgido esempio, di far versare fiumi di lacrime un eterosessuale cis nella scena di “Tutto su mio madre” dove una trans paludata con parruccona, tacchi a spillo e trucco volgare, piange su una tomba.

Macaone

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Questa mia recensione di "Macaone", il romanzo di Nicola Longo edito da Rubbettino, è stata pubblicata sul Quotidiano del Sud

Drive my Car

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Poesia ed esistenzialismo, armonia purissima di immagini e parole. E’ l’impatto immediato, sin dai primi fotogrammi, di “Drive my car” di Hamaguchi Ryusuke, un’opera profondamente giapponese ma senza traccia di zen, nonostante i temi - vita, morte, amore, colpa - collimino alla perfezione con la filosofia orientale. 

King Richard

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Se non è questo il sogno americano, non saprei quale lo sia mai stato. Ma dietro la storia vincente delle campionesse Venus e Serena Williams ci sono le ferite e il coraggio di una famiglia, che al cinema ora si racconta nel bel biopic “King Richard” di Reinaldo Marcus Green, candidato a sei Oscar (tra cui miglior film, sceneggiatura, attore protagonista e attrice non protagonista, la bravissima Aunjanue Ellis nel ruolo della madre).

Di "Altrimenti ci arrabbiamo" ce n'è uno solo

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Ci sono remake e sequel inutili, che nascono già votati a un inesorabile flop. Non è un fatto di lesa maestà né di oggettiva impossibilità di replicare un’opera magari perfetta o unica.  Gus Van Sant, ad esempio, rifece magistralmente “Psycho”, capolavoro di Hitchcock, nell’unico modo giusto, cioè copiando pedissequamente (e con la doverosa, solenne venerazione) ogni singola inquadratura, ma mettendoci di suo soltanto l’effetto spiazzante del colore – il sangue rosso, che figata assoluta vederlo per la prima volta nella scena cult della doccia!

Otto marzo, niente guerra siamo donne

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Nei conflitti tra greci e barbari, le donne degli sconfitti venivano fatte schiave come trofeo di vittoria, una sorte che accomunava plebee, nobili e principesse. Millenni dopo sarebbero arrivati lo ius primae noctis e gli stupri di guerra. Oggi che tornano a piovere le bombe, le donne assurgono a emblema pacifista contro una mentalità bellica tradizionalmente virile. Sì, lo sappiamo, le poche signore al governo non sono state damine ma ferree e spesso spregiudicate – è il potere, bellezza, quel meccanismo che se non sei abbastanza iena non lo reggi e soccombi. Ma sappiamo altrettanto bene che con donne alle guida delle superpotenze mondiali certe guerre non sarebbero mai iniziate. Eppure non è di una santificazione (che odora molto di subdolo stereotipo) che abbiamo bisogno.