Rapiscimi


Sul mio blog miainvisibile.blogspot.com la recensione del film "Rapiscimi" di Giovanni Luca Gargano, pubblicata oggi sul Quotidiano del Sud










COSENZA – Pulci e zecche li hanno presi davvero durante la “latitanza” sul set tra boschi e fiumi selvaggi. Nel cast garibaldino di “Rapiscimi”, opera prima di Giovanni Luca Gargano presentata a Cosenza alla vigilia del debutto nelle sale italiane, c’è stato chi ha vissuto un’esperienza estrema sul serio: durante le faticose riprese in un ambiente naturale da duri l’attore Carmelo Caccamo – veterano delle fiction, stazza e simpatia extralarge – ha rimediato una seria frattura, costringendo la lavorazione a un lungo stop. «Posso dire che è un film che mi ha segnato in molti sensi – scherza – e spero lasci un segno in chi lo guarderà».
Finanziato dal Mibact attraverso il fondo per le opere di interesse culturale, sostenuto da Regione e Film Commission, “Rapiscimi” esce con una trentina di copie e distribuzione incoraggiante (di Whale Pictures) dal 18 aprile e per periodi diluiti nel tempo, in aree spalmate da Nord a Sud. Certamente con la Calabria a fare la parte del leone, ma anche il romano cinema Aquila (che per gli esordienti è uno scaramantico portafortuna), e un discreto approdo su schermi veneti e piemontesi dove gli spettatori nordici scopriranno una calabresità irriverente (e il relativo, pittoresco vernacolo).
Senza già guardare alla storia del cinema, oggi Zalone docet: i meridionali vanno dappertutto e lo fanno meglio (la commedia), ma in questo caso si osa di più, con una parodia “black” su ‘ndrangheta e sequestri. Dove, per una volta, la Calabria non è collegata ad eventi luttuosi, e una paurosa nomea – quella, appunto, della nerissima stagione dei rapimenti – si trasforma in parodia dissacrante. «Ho voluto raccontare un’altra Calabria», spiega Gargano. «Quando si parla di Sud, il mercato del cinema è assetato di scene violente e storie negative. Credo che alcune saghe e serie televisive non facciano bene, perché con quel tipo di rappresentazione mitizzano le figure dei criminali. Invece gli ‘ndranghetisti sono persone molto piccole e con varie miserie e debolezze private. Su questi aspetti io ho voluto metterli in ridicolo… La risata fa riflettere e vedere le cose da una nuova prospettiva» .
Anteprima calorosa nella città natale del regista, arrivato al lungometraggio dopo 22 anni di gavetta, la realizzazione di corti e documentari e l’impegno nella formazione dei giovani. Gargano – che al cinema Citrigno, dove è stato proiettato il film per il pubblico cosentino, ha ricevuto insieme al suo cast i rosoni d’argento del Premio Telesio assegnati dagli imprenditori calabresi – ha tenuto a precisare come l’opera si sia avvalsa del lavoro di molte valide maestranze del territorio: menzione per Gianfranco Tortora (suono) e il crotonese Franco Eco, autore delle musiche originali e riuscitissime, basate su sonorità etnico-elettroniche.



Girato tra rocce inaccessibili del Pollino, con Orsomarso a impersonare i labirintici anfratti dell’Aspromonte, ma anche Cirella e Cetraro come location dello “sperduto paesino calabrese” dove inizia la storia, il film è una produzione internazionale che affianca alla Arbalak di Gargano, Alba e la portoghese Check The Gate. Un doppio binario scenografico d’impatto e straniante nel passaggio dalle immagini molto contemporanee di Lisbona e Roma alla natura mozzafiato delle nostre montagne, soprattutto nelle riprese aeree. Definendo il film «una black comedy dai toni western», il cineasta cosentino e al direttore della fotografia Davide Manca hanno scelto uno stile aggressivo con camera maneggevole e capace di movimenti agili in spazi ridotti, e le esposizioni multiple tipiche delle inquadrature da “mezzogiorno di fuoco”.
Rigoroso e ipercritico, Gargano è eletto a furor di popolo maestro dai suoi attori. Pietro Delle Piane, che interpreta il tanghero sessuomane Michele, ne parla come di «un grande professionista, lavorare con lui è stata un’esperienza importante e il risultato si vede… siamo certi che il film piacerà».
L’idea nasce cinque anni fa da una lampadina che invece, nella storia cinematografica, si accende nella testa di Turi (Paolo Cutuli), aspirante star musicale. A lui e i suoi amici Michele, Nicola (Caccamo) e Carmelo (uno spassoso Vincenzo Di Rosa, fumatissimo disoccupato calabro che non lavora “per scelta etica”), serve urgentemente denaro per ripagare la statua della Madonna distrutta durante un disastroso sparo di fuochi d’artificio, il cui appalto il gruppetto si era guadagnato spodestando gli storici fuochisti del paese (tra cui c’è da guest star il mitico attore catanzarese Paolo Turrà, al suo attivo una cinquantina di film di genere anche con Deodato, Mario Foglietti e il grande Bud Spencer). Turi s’inventa un’inedita agenzia di viaggi da “tosti”, che propone sequestri nei boschi aspromontani, ovviamente con modalità feroci alla calabrese, comprensive di bastonate, brutali reclusioni e minacce. Per fare soldi a palate servono clienti ricchi e perversi: il primo, manager portoghese Pedro (Paulo Pires) in stile Mr. Grey, lo procura Giulia (Alexia Degremont), genio dell’informatica e amica d’infanzia dei finti sequestratori, ritornata in paese dopo anni di lavoro all’estero: unica donna (o quasi, ma l’altra è più malvagia dei boss) in un film al maschile, in compenso sarà risolutrice dei guai combinati dai quattro stralunati. Infatti qualcosa va storto e i ragazzi rapiscono il Pedro sbagliato, un imprenditore con drammi d’amore (Riccardo Carrico), giunto in Calabria per partecipare a una fiera. Da qui una serie di divertenti equivoci, ma, come promesso dal cast, questa è una storia dove accade quello che non ci si aspetta. Si materializza così un vero e cruento ‘ndranghetista, don Micu, fantomatico gemello del poco onesto sindaco del paese e del temibile secondo fratello che detiene il potere criminale – triplo ruolo interpretato da Rocco Barbaro, abilissimo a destreggiarsi con le tante sfumature, istituzionali e sanguinarie, della malavita calabrese. Si ferma qui quanto è lecito dire della trama, salvo spoiler. Possiamo aggiungere che, tra codici di ‘ndrangheta e religiosi, sparatorie e una linea divisoria sempre più sottile tra “buoni e cattivi”, ad essere rapiti non saranno anche due cuori. Il lieto fine è assicurato pure per gli innovatori artisti delle emozioni forti made in Calabria, buon auspicio in una terra di assistenzialisti e disoccupati cronici. Come per dire che, con la creatività giusta, si può. A Cosenza, prima e dopo la proiezione, foto e abbracci di fan e amici con il cast. Tutti s’impegnano a rivedere e sostenere il film. L’avventura più estrema è già iniziata nelle sale.


Commenti

Post popolari in questo blog

Donne dell'anima mia