Thegiornalisti Love Tour

Idillio totale con il pubblico in un tripudio di cuori per il “Love tour” di Thegiornalisti, che prende il nome dal quinto album del gruppo romano. Cuori di carne e sangue che battono al ritmo della musica, e pulsanti cuori di pixel a creare effetti di forme fosforescenti su tre grandi schermi alle spalle dei musicisti. Al PalaCalafiore di Reggio Calabria c’era grande attesa per Tommaso Paradiso e compagni (il percussionista Marco Primavera, e Marco Antonio Musella al basso e chitarra) dopo il rinvio, per una laringotracheite del frontman, della data originaria del concerto promosso da Ruggero Pegna Show Net come unica tappa calabrese del tour.
Di nuovo in forma, Tommaso (o Tommy, come lo chiamano dal sottopalco, con calorosa familiarità, gli spettatori più giovani) onora le aspettative investendo grinta e fantasia nella coinvolgente esecuzione live. I fan, ovviamente, conoscono tutte le canzoni a memoria e non ne perdono una. Il leader di Thegiornalisti sa di contare su un forte carisma generazionale come traino della band e duetta all’unisono con i ragazzi che scandiscono le parole di “L’ultimo giorno della terra” - brano scelto per aprire il live - “Ouverture”, “Zero stare sereno”, “Dr. House”, “Sold out”, e anche “Fatto di te” e “Completamente”, unici due titoli tratti d’annata oltre la scelta esclusiva di dedicare il concerto all’ultimo album. Il motto di Thegiornalisti è: “Noi crediamo nel romanticismo”, e l’amore è filo conduttore di questo quinto lavoro musicale, dove le riconoscibili sonorità elettroniche e il retrogusto vintage anni Ottanta – personalissima etichetta di Paradiso - offrono ispirazione a testi molto sentimentali. Solitudine, malinconia e ricordi sullo sfondo delle amate ambientazioni metropolitane che però sempre riportano su una spiaggia davanti al mare, come vuole ogni fine dell’estate, ogni giovinezza che si consuma: “Love” è un disco di formazione, meno leggerezza da discoteca e più ricerca autoriale nel solco del pop, dove i tre Thegiornalisti sembrano ormai volersi collocare senza indecisioni.
 Attraversando la passerella assediata dal pubblico, Paradiso annuncia con speciale evocazione i pezzi più popolari, tutti dischi di platino (“Questa stupida canzone d’amore”; “Felicità puttana”; l’attesissimo “New York”), e accoglie il classico lancio di pupazzi, letterine e reggiseni, trofei d’affetto equamente divisi con gli altri componenti del gruppo. Due timide ragazze sono invitate a sostituire la voce di Elisa nel tormentone “Da sola in the night”, poi tutti a ballare – ma non ce n’era bisogno – alle prime note di “Riccione”. Le richieste sono ampiamente accolte, compreso l’ultimo singolo per Takagi & Ketra “La gatta e la luna”, composto da Paradiso per la performance con le guest star Jovanotti e Calcutta, qui eseguito in versione ridotta alle chitarre; grande assente è un’altra hit storica, “Pamplona”, all’epoca realizzata insieme a Fabri Fibra. Il trio, arricchito da un piccolo insieme orchestrale di tastiera e violini, non prevede momenti acustici e si concentra unicamente sulla scaletta da delirio collettivo. Il momento di “Questa stupida canzone d’amore” è scenografico: gli accendini degli spettatori baluginano nel buio come lucciole, mentre altre stelle esplodono sugli schermi dove passano in loop immagini luminose, a comporre un ideale cielo stellato. Menestrello contemporaneo, Paradiso dialoga molto con gli spettatori, batte il cinque al volo con le mani alzate, fa autoironia sulla fama da sex symbol (“Bellissimo, io? E’ perché non mi avete visto nudo”), dispensa pillole amorose per ricambiare il calore della città dello Stretto, dove il sold out annunciato è una marea ondeggiante di teste e cuori.
Un concerto millennial o quasi – l’età media del pubblico non tocca gli “anta”, ma il successo radiofonico della band favorisce anche qualche presenza anagraficamente random, di quelli che prediligono un ascolto rilassato sui sedili del palazzetto.
Commiato con scoppio aereo di coriandoli, inquadrato da una moltiplicazione di smartphone in inquadratura orizzontale per i rituali selfie. Tommy si stende sul pavimento esausto e il turbinio lo sommerge, mentre, al di qua e al di là del palco, sui romantici 2.0 i rettangolini gialli continuano a cadere, come foglie d’autunno, “fino a Saturno o dove sei tu”.


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