Il Juke-Box di Max Weinberg

Questa mia recensione sul concerto di Max Weinberg a Reggio Calabria è stata pubblicata sul Quotidiano del Sud





REGGIO CALABRIA –E’ stata una grande e partecipata festa del rock, come nelle attese, il concerto del batterista Max Weinberg all’Arena dello Stretto. Evento di apertura del Reggio Live Fest con un protagonista decisamente carismatico: Weinberg, ex componente di lungo corso della E Street Band di Bruce Springsteen (nella quale entrò rispondendo all’annuncio di un provino su un anonimo giornale di inserzioni) a Reggio si è esibito con Glenn Burtnick (basso, piano e voce), Robert Burger(chitarra e voce) e John Merjave (chitarra).
Riscuote subito successo anche da parte del pubblico reggino la modalità “juke-box” ideata dall’artista di Newark per i suoi tour. Da una lista di 200 titoli che scorre su uno schermo, gli spettatori possono scegliere i brani e richiederli alla band.
In riva allo Stretto Weinberg, che ha raccolto personalmente la selezione, non trascura nulla dell’estensione dell’arena. Andando su e giù per gli spalti con falcate da giovincello, Max “The Mighty” – così lo soprannominò il Boss – è riuscito a coinvolgere anche i meno rockettari distanti dal palco, in ascolto ai margini dell’arena o al confine con il lungomare. I pezzi proposti al pubblico sono stati ovviamente di Springsteen ma non solo, proponendo tuttavia sempre artisti legati al Boss da collaborazioni di lunga data, ideali o amicizia. La storia del rock tutta intera attraversa il concerto, tra cavalli di battaglia dei big del genere e brani classici o cultissimi per motivi musicali ma anche di vasta popolarità e atmosfere familiari agli spettatori (basti pensare al “Pretty Woman” di Springsteen, divenuto poi pezzo portante della colonna sonora dell’omonimo film di Garry Marshall con Julia Roberts e Richard Gere). Ed ecco che il simpaticissimo juke-box umano Weinberg gira tra la gente, accetta strette di mano e pacche in stile molto americano e costruisce una scaletta dove il filo conduttore non è tanto le canzoni preferite ma quelle “del cuore”. Stavolta vintage vuol dire, soprattutto per la generazione dei Sessanta e Settanta, ricordi, emozioni, sogni realizzati o invece disillusi. Qualunque cosa evochino brani come “Mr. Tambourine Man” o “The Weight” di Bob Dylan (del cantautore Nobel per la letteratura era stata richiesta e però attesa vanamente fino al termine del concerto anche la strafamosa “Like a Rolling Stone”); “Ticket to Ride” e “If I fell” dei Beatles; “FoxyLady” di Jimi Hendrix”; “Take itEasy” degli Eagles;“Johnny Be Good” di Chuck Berry; “Good Times, Bad Times” dei Led Zeppelin; “Sympathy for the Devil” dei Rolling Stones; i tanti titoli del Boss (“Dancing in the dark”, “Born to Run”, “Fire”) - sono canzoni per ognuno legate per sempre alla giovinezza e quindi già solo per questo sentimentalmente immortali. Non stupisce dunque che all’Arena il target anagrafico del pubblico fosse più gli anta che i teenager, sebbene l’affluenza importante (un concerto godibilissimo e di indiscutibile qualità tra l’altro a ingresso gratuito, iniziativa strategica in un periodo estivo di maggiori visite turistiche) abbia compreso anche molti ragazzi amanti del rock e opportunamente eruditi dai loro genitori sui gloriosi rappresentanti del genere (anche un po’ come ragionevole crociata contro lo straripare di rocker dell’ultima ora che spesso l’utenza più giovane identifica come unici esponenti dell’infuocata musica del diavolo…)
Tornando al live di Weinberg, lui stesso presenta i suoi concerti come feste collettive affidate alle sensazioni del pubblico. E’ quello che vuole e l’ottiene sempre. La formazione sul palcoscenico è di grande esperienza, sono creativi e improvvisatori di gran classe, e lo stesso leader non teme blasfemie nell’introdurre innovazioni ardite in brani considerati intoccabili. Ma è la strada giusta – non sono diligenti cover, ma interpretazioni, e l’equilibrio tra reverenza e personalità appare perfetto. Gli spettatori si divertono, cantano a memoria, qualcuno balla invitato sul palco dal gioviale batterista. Peraltro ai cultori della materia, il juke-box di Weinberg permette di stilare nei vari concerti una classifica dei nomi più amati: tolti i prevedibili Springsteen, Dylan, Beatles e Stones, dalla lista del vulcanico Max sono stati disertati del tutto o parzialmente grandi artisti come Nina Simone, Cream, Who, Ramones e persino il Duca Bianco David Bowie! Certo sarebbe stato comunque impossibile accontentare tutti, ma il mitico batterista è il primo a metterci il cuore, eseguendo pure qualche brano suggerito random fuori scaletta ed evidentemente nelle sue corde; del resto quando si parla di rock l’unica vera regola è non averne…

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