Steve Gadd apre il Peperoncino Jazz Festival
Questa mia recensione concerto di Steve Gadd all'Università della Calabria per il Peperoncino Jazz Festival è stata pubblicata sul Quotidiano del Sud
Una fortissima corrente di energia, feeling immediato tra il pubblico e il mitico batterista statunitense Steve Gadd, ospite di apertura della diciottesima edizione del Peperoncino Jazz Festival al Tau dell’UniCal. “Il sogno è lo stesso sognatore”: citando il sassofonista Chris Potter, fa suo questo haiku molto americano Sergio Gimigliano, patron della rassegna con la sua associazione Picanto, condividendo l’emozione per la presenza in Calabria di un big assoluto come il drummer di Rochester (ma con origini italiane e precisamente sicule, per parte di madre).
Ad Arcavacata mister Gadd è salito sul palcoscenico con partner di classe: Walt Fowler (tromba), il chitarrista David Spinozza (oriundo calabrese, un altro ponte Usa-profondo Sud italico), Kevin Hays (piano e tastiera) e Jimmy Johnson (basso): tutti artisti “trasversali” (alcuni di loro musicisti, tra l’altro, per un non jazzista come James Taylor), e tale in parte è stata la selezione del concerto. Classici d’antan ma anche brani dell’ultimo disco realizzato proprio da questa formazione, “Steve Gadd Band”, edito lo scorso anno e vincitore di un Grammy. Gadd peraltro ne fa promozione senza troppi fronzoli, insieme a merchandising vario al termine del live, durante una corposa ma disciplinata coda finale per gli autografi, dove i fan riuniscono le generazioni tra universitari, genitori jazzofili con figli al seguito e ovviamente tanti musicisti.
A dispetto dell’anagrafe, Gadd è il più indiavolato del gruppo: a suonare si diverte ancora tanto e gli spettatori lo ricambiano con entusiastiche ovazioni nei momenti di improvvisazione elargiti con generosità durante la performance al Tau. Maestro per tecnica e creatività, abilissimo esecutore accanto a nomi altrettanto leggendari del jazz, la sua evocativa biografia racconta che il primo strumento furono un paio di bacchette e un cerchio vuoto di legno, set improvvisato - regalatogli da uno zio batterista dell’esercito americano – picchiando sul quale, a soli tre anni, il giovanissimo futuro genio musicale iniziava a sentire quel ritmo innato che sarebbe poi esploso in uno straordinario talento. Otto anni e successive precoci lezioni più tardi, lo ritroviamo disinvolto partner di scena di Dizzy Gillespie, per nulla intimidito, nonostante l’età imberbe, dalla vicinanza con uno dei padri fondatori del jazz. Questa la narrazione quasi da mito dei suoi esordi. Classe 1945, l’oggi ultrasettantenne Gadd ha come firma i caratteristici virtuosismi che ad orecchie allenate si riconoscono in numerosi brani cult degli anni Settanta e Ottanta, spaziando dal jazz al pop al rock. Tra le collaborazioni storiche dell’artista newyorkese ci sono quelle con Chick Corea nella prima formazione dei Return to Forever e poi nel 2018 per il disco “Chinese butterfly”; con il collega Billy Cobham e poi tra i tanti, Michel Petrucciani, Al Di Meola, Paul Simon (con cui ha partecipato alla realizzazione del disco “50 Ways to Leave your Lover” componendo una celebre base ritmica, un groove in serie divenuto da manuale), e attraversando altri generi musicali, anche con Eric Clapton e il nostro Pino Daniele.
Con un session man e puro animale da palcoscenico, ad Arcavacata la musica è stata unica comunicazione con il pubblico. Gadd si esprime rigorosamente in inglese limitandosi a presentare i brani appena con qualche gioco di parole, oltre ad attirare con l’umiltà dei veri grandi attenzione e applausi sui compagni, coautori di molti pezzi eseguiti a Rende, da “Where’s Earth” (con Hayes) a “Timpanogoes” (Fowler) a “I know but tell me again” e “One point five” (con Johnson). Ma in scaletta anche, per i cultori, “The wind up” di Keith Jarrett, e a sorpresa arriva il quinto strumento con l’incursione canora del pianista Hays in “Watching the river flow” di Bob Dylan.
Un incipit stellare per il Peperoncino Jazz Festival in un calendario che quest’estate promette molti appuntamenti imperdibili nelle località più belle della regione calabrese. Il concerto di Steve Gadd ha avuto il patrocinio del Consolato Usa, riconoscimento che si collega alla trasferta americana del festival lo scorso anno con la direzione artistica di John Patitucci, ospite anche di questa edizione il 24 luglio a Cetraro.
Ad Arcavacata mister Gadd è salito sul palcoscenico con partner di classe: Walt Fowler (tromba), il chitarrista David Spinozza (oriundo calabrese, un altro ponte Usa-profondo Sud italico), Kevin Hays (piano e tastiera) e Jimmy Johnson (basso): tutti artisti “trasversali” (alcuni di loro musicisti, tra l’altro, per un non jazzista come James Taylor), e tale in parte è stata la selezione del concerto. Classici d’antan ma anche brani dell’ultimo disco realizzato proprio da questa formazione, “Steve Gadd Band”, edito lo scorso anno e vincitore di un Grammy. Gadd peraltro ne fa promozione senza troppi fronzoli, insieme a merchandising vario al termine del live, durante una corposa ma disciplinata coda finale per gli autografi, dove i fan riuniscono le generazioni tra universitari, genitori jazzofili con figli al seguito e ovviamente tanti musicisti.
A dispetto dell’anagrafe, Gadd è il più indiavolato del gruppo: a suonare si diverte ancora tanto e gli spettatori lo ricambiano con entusiastiche ovazioni nei momenti di improvvisazione elargiti con generosità durante la performance al Tau. Maestro per tecnica e creatività, abilissimo esecutore accanto a nomi altrettanto leggendari del jazz, la sua evocativa biografia racconta che il primo strumento furono un paio di bacchette e un cerchio vuoto di legno, set improvvisato - regalatogli da uno zio batterista dell’esercito americano – picchiando sul quale, a soli tre anni, il giovanissimo futuro genio musicale iniziava a sentire quel ritmo innato che sarebbe poi esploso in uno straordinario talento. Otto anni e successive precoci lezioni più tardi, lo ritroviamo disinvolto partner di scena di Dizzy Gillespie, per nulla intimidito, nonostante l’età imberbe, dalla vicinanza con uno dei padri fondatori del jazz. Questa la narrazione quasi da mito dei suoi esordi. Classe 1945, l’oggi ultrasettantenne Gadd ha come firma i caratteristici virtuosismi che ad orecchie allenate si riconoscono in numerosi brani cult degli anni Settanta e Ottanta, spaziando dal jazz al pop al rock. Tra le collaborazioni storiche dell’artista newyorkese ci sono quelle con Chick Corea nella prima formazione dei Return to Forever e poi nel 2018 per il disco “Chinese butterfly”; con il collega Billy Cobham e poi tra i tanti, Michel Petrucciani, Al Di Meola, Paul Simon (con cui ha partecipato alla realizzazione del disco “50 Ways to Leave your Lover” componendo una celebre base ritmica, un groove in serie divenuto da manuale), e attraversando altri generi musicali, anche con Eric Clapton e il nostro Pino Daniele.
Con un session man e puro animale da palcoscenico, ad Arcavacata la musica è stata unica comunicazione con il pubblico. Gadd si esprime rigorosamente in inglese limitandosi a presentare i brani appena con qualche gioco di parole, oltre ad attirare con l’umiltà dei veri grandi attenzione e applausi sui compagni, coautori di molti pezzi eseguiti a Rende, da “Where’s Earth” (con Hayes) a “Timpanogoes” (Fowler) a “I know but tell me again” e “One point five” (con Johnson). Ma in scaletta anche, per i cultori, “The wind up” di Keith Jarrett, e a sorpresa arriva il quinto strumento con l’incursione canora del pianista Hays in “Watching the river flow” di Bob Dylan.
Un incipit stellare per il Peperoncino Jazz Festival in un calendario che quest’estate promette molti appuntamenti imperdibili nelle località più belle della regione calabrese. Il concerto di Steve Gadd ha avuto il patrocinio del Consolato Usa, riconoscimento che si collega alla trasferta americana del festival lo scorso anno con la direzione artistica di John Patitucci, ospite anche di questa edizione il 24 luglio a Cetraro.
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