Per Manuel Frattini

Manuel Frattini mi parlava così di talento, danza e umanità in un'intervista di qualche tempo fa per il Quotidiano del Sud, riproposta oggi sullo stesso giornale. Voglio ricordarlo in questo modo, con le sue stesse parole. Un artista vero e una persona di grande sensibilità... oggi mutato, chissà dove, in una stella anche fuori dal palcoscenico.






È il Pinocchio “storico” del musical italiano. Sei volte in scena nei panni del fiabesco burattino nell’opera originale della Compagnia della Rancia, Manuel Frattini ha impersonato il personaggio di Collodi persino in Corea. Ma nella sua carriera il danzatore e coreografo ha anche attraversato, tra salti e piroette, le principali produzioni di teatro musicale, da “Chorus Line” a “Sette spose per sette fratelli”, da ”Peter Pan“ a “Cantando sotto la pioggia”, fino a interpretare se stesso in “Toc Toc” di Mauro Simone. Il performer lombardo sarà ospite speciale della Compagnia delle Alghe per il Pinocchio Musical Tour che debutta in questo lungo week-end. Nella “prima” serale di domani (19 maggio) lo vedremo sul palcoscenico del teatro Rendano come guest star di un’esibizione sulla quale mantiene una dilettosa segretezza: «Sarà una sorpresa, abbiamo previsto alcuni momenti nei quali, durante lo spettacolo, avrò il piacere di condividere con la compagnia delle Alghe questo nuovo Pinocchio».
Da protagonista di lungo corso di questo classico del musical, che giudizio dà a questa riedizione che le Alghe presentano per il loro decennale?
«Sapere che è stato scelto Pinocchio per questo importante anniversario mi riempie di orgoglio poiché naturalmente sono molto legato a questo spettacolo. Credo che questo lavoro non deluderà il pubblico… è una garanzia di qualità la passione che questa compagnia ormai da dieci anni mette nelle sue produzioni. Trovo che oggi non sia più esatto considerare questi artisti come compagnia amatoriale, è un gruppo di anno in anno ha fatto sempre passi in avanti. Anche se devo aggiungere che spesso le compagne amatoriali riservano belle sorprese proprio perché è una grande passione a guidarle, dunque da questo punto di vista non è un difetto avere una dimensione “amatoriale”».
Con le Alghe lei ha tenuto alcuni stage sul territorio calabrese. Ha notato potenziali talenti nel campo del musical?
«Gli stage hanno dimostrato che c’è molto materiale umano interessante, ragazzi con un grandissimo potenziale. E mi ha gratificato che abbiano pensato a me come a un riferimento per offrire strumenti di formazione».
Il mondo dello spettacolo attira i giovani ma la danza e il musical richiedono particolare impegno e sacrificio. Dall’altra parte c’è il mondo “facile” dei talent e reality show, miraggi di fama veloce. Prima di approdare al musical lei è nato artisticamente in televisione, cosa ne pensa delle scuole di talenti televisivi? Esistono davvero scorciatoie per diventare famosi?
«Credo che questi programmi televisivi non siano in grado di lasciare il segno. Non sono scuole e lì non si apprende, sono vetrine importanti per farsi notare ma solo per chi ha già un suo talento e un percorso formativo avviato. Sicuramente è spiazzante la velocità con cui, grazie a queste trasmissioni, si ottiene popolarità. Questo fenomeno richiede piedi ben piantati per terra per gestire la fama che arriva addosso all’improvviso. Poi io non sono un sostenitore delle scorciatoie, nel nostro settore serve la formazione, essere maturi e percorrere tutte le tappe necessarie. Oggi non abbiamo più scuse perché esistono ottime accademie che preparano i ragazzi a trecentosessanta gradi… come per ogni altra professione, oltre al talento occorrono curiosità e conoscenza. Sulla televisione vorrei anche dire che è da sempre un media molto potente e potrebbe fare da veicolo per promuovere di più il musical italiano, una realtà importante che ancora è sotto gli occhi di pochi».
La compagnia delle Alghe ha creato al suo interno un clima molto familiare e, pur tendendo alla cura degli spettacoli, è animata dalla volontà di mantenere un’atmosfera di armonia e divertimento. E’ un fattore che si perde diventando professionisti?
«Per la riuscita di uno spettacolo è fondamentale che alla base ci sia un ambiente pulito e sano. L’armonia di un gruppo è ciò che poi si trasmette al pubblico e un gruppo teatrale non deve mai perdere di vista la complicità. È indispensabile, insieme al rigore nel lavoro e alla serietà».
Per lei che lo ha vissuto tanto sulla scena, cosa rappresenta Pinocchio?«Professionalmente per me Pinocchio è stato una tappa importante, era l’opera italiana che per la prima volta varcava i confini, tanto che siamo arrivati fino in Corea e a Broadway. Umanamente è stata una rivelazione, perché da ragazzino non ho mai amato molto questa fiaba… mi sembrava che non offrisse vie di fuga dalla realtà, c’era solo quello che mi dicevano nella vita di tutti i giorni, “non fare questo, non dire bugie”. Interpretandolo, l’ho rivalutato e oggi la considero una fiaba terapeutica. In questa storia si ritrovano valori come la famiglia e l’amicizia, ma anche temi come la diversità. Perché in fondo Pinocchio è anche questo, lui è un po’ diverso».


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