Freud


Ho visto la serie tv su Sigmund Freud con due mesi di ritardo: eccetto gli spoiler, sapevo cosa aspettarmi e cosa no. Sapevo che non si tratta di un biopic documentato e che di psicanalisi si parla poco e di casi reali zero. Premesse tutte sfavorevoli, che aumentano le probabilità che la miniserie Netflix non piaccia a chi (io ero tra questi) decide di guardarla perché interessato allo scopritore dell’inconscio e ai suoi studi.
La prima puntata conferma dopo pochi minuti che il dottor Freud è semplice ispiratore di un plot misterioso e a tinte nere, al limite dell’horror. Forse autorevole nume tutelare, quello sì, di un racconto che, come appunto fece il padre della psicanalisi, indaga senza filtri le zone segrete dell’animo umano. Ma l’idea è: famolo “strano”, perché cosa c’è più spaventoso, visionario e perverso della nostra anima? Carta bianca, dunque, e acceleratore esoterico al massimo con virate decise sul raccapricciante.
Il giovane Sigmund, medico di belle speranze e grandi ambizioni, è icona pop già nella sigla della serie, dove un simulacro della testa del dottore è di volta in volta alterata da squarci, ferite e corrosioni per rappresentare visivamente la porzione di inconscio che sarà al centro delle diverse puntate. Che agli autori non interessassero la vera biografia di Freud e il contesto storico in cui operò era una dichiarazione d’intenti assodata – e infatti le imprecisioni storiche fioccano, soprattutto quelle legate alla famiglia imperiale austriaca. La figura più attendibile è quella del dottor Joseph Breuer (antesignano della teoria ipnotica e importante sostenitore delle ricerche di Freud), attraverso cui si innesta l’episodio dell’isteria della femminista Bertha Pappenheim, celebre caso freudiano che sollevò la problematica del transfert. Per il resto si lavora molto di fantasia.
Freud è squattrinato e troppo rivoluzionario per la società scientifica, come avvenne davvero nei suoi primi anni di carriera, ma con un tocco ribelle underground mirato ad attrarre l'attenzione del pubblico Netflix, un target anagraficamente interessato, più che al vero storico e ai paroloni tecnici per addetti ai lavori, a personaggi e attori "fighi" (e Robert Finster, al netto di una vaga somiglianza con il vero Sigmund, lo è).
Come anche l’originale, il dottore televisivo fa uso di cocaina (e l'attore, per entrare nel ruolo, si è sottoposto a ipnosi), tuttavia nella serie questo consumo è identificato con una dipendenza, mentre all’epoca la sostanza aveva finalità mediche e fu fruita dal neurologo ebreo in dosi e periodi limitati.
Ma il protagonista della fiction, prima che studioso della psiche, è egli stesso portatore (se sano o no lo decidano gli spettatori) di ossessioni, paure, pulsioni e desideri incontrollabili. Prima che medico, è appassionato avventuriero di quell’abisso nel quale dovrà immergersi per curare i pazienti (e se stesso). Lo vedremo sedotto dall’affascinante medium ungherese Fleur (Ella Rumpf), che lo induce a tradire l’amata promessa sposa (ma per la fidanzata Martha non è una tragedia, e sarà lei a dare una spiccia lezione di sessuologia spiegando al futuro marito che semplicemente, come tutti gli uomini, cedendo alla magiara ha “esagerato l’importanza dei genitali”). Vedremo la carica violenta di sogni in cui “Siggy”, invasato di brutto, si uccide saltando dal balcone o mette in atto il complesso di Edipo facendo l’amore con la madre e strangolando il padre. Lo vedremo drogarsi e masturbarsi - ma trattandosi di Freud è ben poco sesso...
Tutto materiale di ricerca, ovviamente, che si accumula in una Vienna fosca, nucleo vivo di miserie e sopraffazioni, che pure a me, come a molti, ha ricordato quella metà oscura di Londra tanto rappresentata al cinema e in letteratura – sebbene la maggioranza dei recensori, per l’indole da investigatore del Freud tv impegnato ad aiutare la polizia nella caccia ad efferati criminali, abbia richiamato alla memoria le atmosfere meno edulcorate di Sherlock Holmes, mentre personalmente io ho rivisto le strade dei sobborghi londinesi funestate dalla lama di Jack lo Squartatore (e con un parallelismo tra la coca e l’oppio, il Johnny Depp ispettore Abberline di “From Hell”).
Ma come si diceva, la “marca” della serie diretta da Marvin Kren, coproduzione austriaca-ceca-tedesca, è orrorifica e grandguignolesca. Tanto sangue, volti e corpi deformati dalla follia, uomini e donne che si mutano in bestie dalle voci cavernose, mordono, seviziano, uccidono. Cerimonieri di questo cruento baccanale sono gli Szapary, nobili ungheresi in esilio che fingendo fedeltà all’Austria pianificano vendetta per la patria. La diabolica coppia ha trovato una gallina dalle uova d’oro in Fleur, raccolta bambina e sola al mondo in un villaggio distrutto dalla guerra. Dopo averla adottata e scoperto in lei il dono della veggenza (il personaggio si ispira a un’amica di Freud che lo psicanalista riteneva dotata di poteri empatici), la costringono a dirigere sedute spiritiche per evocare il terribile Taltos e creare il caos nell’Impero. Figura mitica della tradizione ungherese con un’accezione benigna di profeta, qui il potentissimo Taltos è invece un devastante angelo di morte, che comanda delitti e suicidi. Simboli di morte e possessione, formule magiche, stanze buie che guidano verso l’incarnazione dei propri traumi in mostri e creature infernali. Nessuno trova scampo, nemmeno i “buoni” della storia (l’ispettore Kriss, inseguito dai fantasmi degli omicidi compiuti in battaglia, la governante Lenora, i genitori del dottor Sigmund, assoluti campioni nell’induzione di paranoie e altre psicosi e, immagino, modelli perfetti per gli studi freudiani sulla perniciosità della famiglia per l’individuo).
Al termine dell’esperienza, non sappiamo se sia davvero successo. Il Taltos è dentro di noi, pronto a manifestarsi nella sua rabbia spietata, aspetta soltanto di essere evocato. Omicidi, vizi e promiscuità non sono altro che altrettante orrende stanze dell’animo, quell’inarrestabile signore degli istinti che Freud – quello vero – battezzerà poi Es, ma di cui nella serie (che si ferma agli esordi del medico ebreo con l’ipnosi) non c’è traccia. L’invito del dottor Freud è di andare fino in fondo, penetrare nel profondo e toccare la paura. Arrivare al Taltos, affrontarlo anche a rischio di soccombere. Solo così sarà possibile guarire e salvarsi. Suggestivo… ma proprio nulla-nulla su Ego, SuperEgo ed Es? E la libido? E i sogni?
Tempo per approfondire, volendo, c’è. Dato alle fiamme il libro in cui narrava le vicende horror del suo debutto professionale e ormai serenamente sposato con Martha, Sigmund avvia le sedute private, oggetto di una papabile seconda serie. Dove sicuramente ci saranno molti più pazzi e molto più sesso... così sarà davvero una serie su Freud.

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