Caligola maledetto e senza pace

Tutti gli scandali del film "Io Caligola" di Tinto Brass nel mio articolo pubblicato sul Quotidiano del Sud





Oggi sarebbe stato un film d’autore tout court, “Io, Caligola”, la censuratissima pellicola di Tinto Brass. A dichiararlo con convinzione e un velo di nostalgico sentimentalismo è stata una delle sue interpreti, l’attrice inglese Helen Mirren. Premiata a Berlino per la sua carriera, Mirren ha paragonato il film di Brass alla popolare serie “Il Trono di Spade” ed ha ricordato un set surreale dove “tutti erano nudi e stare senza vestiti lo trovai naturale, piuttosto mi sarei sentita a disagio con gli abiti addosso”. A citare l’esperienza di “Caligola” anche il protagonista Malcom McDowell ospite a Bergamo di una retrospettiva, ma nonostante la recente riabilitazione artistica, quest’opera nel tempo ha arrecato a Brass dolori e guai: l’ennesimo dispiacere sembra essere una nuova versione del film, che tradirebbe completamente il lavoro del regista, realizzata con materiale d’archivio della rivista erotica Penthouse, da cui tutto era iniziato. 
Avrebbe dovuto essere, almeno nelle intenzioni, un esperimento artistico coraggioso e senza precedenti, la fusione tra due generi agli antipodi come il film storico peplum e il porno. Nel cast la fresca star di Arancia Meccanica McDowell in un nuovo ruolo “maledetto”, il cui imprevedibile flop ne avrebbe invece penalizzato la fama, poi Helen Mirren e Peter O’Toole. Siamo nel 1979. La narrazione della follia dell’eccentrico imperatore romano è ispirata dal racconto di Svetonio: traumatizzato dai delitti efferati dei genitori, Caligola si crede una divinità, attua violenze e sgregolatezze ed ha un morboso rapporto d’incesto con la sorella Drusilla. L’idea portava la firma del drammaturgo Gore Vidal e soprattutto catturò l’occhio di Tinto Brass, subito infiammato per questa storia di lussuria, eccessi e istinti crudeli, ritrovandosi però a gestire un gigantesco pasticcio cinematografico. Tanto da derubricare un’occasione artistica rivoluzionaria a filmetto hard core travestito da essai. Non a caso all’opera di Brass s’ispirò Joe D’Amato per un porno dedicato proprio alle inconfessabili passioni di Caligola – dunque un’etichetta precisa e difficile da rimuovere.
Nel film la perversione corrompe tutti i personaggi, incarnazione di un’antica Roma animalesca e disumana. Si vedono rapporti sessuali con disabili e trans, pedofilia, orge, sangue, evirazioni e stupri.
Un progetto controverso e scandaloso, travagliato sin dalla sua genesi. La sceneggiatura originale di Vidal doveva diventare una serie tv diretta da Roberto Rossellini, prodotta da Franco, nipote del regista e però intenzionato a realizzare un film a basso costo. Quando nel progetto fu coinvolto l’editore di Penthouse, Bob Guccione, quest’ultimo pretese una virata decisamente erotica, con scene di nudo e contenuti sessuali molto più espliciti. Dopo i rifiuti di John Houston e Lina Wertmuller, Guccione contattò Brass – era stato colpito da “Saloon Kitty” - ma la lavorazione del film era fatalmente destinata a non aver pace neanche dopo il sì del regista veneziano.
La prima protagonista femminile, Maria Schnider, reduce dall’Ultimo tango di Bertolucci ma stavolta preoccupata da sequenze ben più crude e hot, si ritirò e venne sostituita da una pupilla di Brass, Therese Ann Savoy (un cambio in realtà vantaggioso, poiché l’attrice inglese, scomparsa nel 2017, resta una delle donne più belle, fisicamente perfette e sensuali del cinema di quegli anni). 
Poi sul set fu un continuo accapigliarsi. Liti tra il regista e lo scenografo Danilo Donati (storico collaboratore di Fellini) perché i sontuosi allestimenti d’epoca erano stati usati solo parzialmente (e non per la predominanza dei costumi adamitici ma per snellire le riprese…); disaccordi tra Vidal e Brass sulla sceneggiatura, e anche tra Brass e Guccione, convinto che il cineasta veneto dovesse aumentare la dose di sesso (sic!) e pretendendo amplessi non simulati, tanto da licenziare il regista e far rimontare in segreta autonomia il film con l’innesto pasticciato di pornografia dozzinale e realizzata su commissione dall’amico Giancarlo Lui. E se non bastasse, a queste disavventure si può aggiungere una timida e precocissima profezia del “Me too” con le accuse di molestie che l’attrice Anneka Di Lorenzo (la Messalina del film) sostenne di aver subito sul set da parte di Bob Guccione.
Al centro di un processo per censura con ritiri dalle sale, sequestro e distruzione di copie della pellicola, divieti e rimaneggiamenti, l’opera si scisse in due versioni (la seconda con il nuovo titolo “Io, Caligola”), ma poté essere distribuita solo dopo l’abolizione del reato di oscenità e ugualmente con l’intervento di tagli massicci che la ridussero da 133 a 86 minuti, totalmente depurati. Era il 1984, cinque anni dopo la prima apparizione nelle sale, durata pochi giorni e subissata da denunce. Il produttore Rossellini e lo sceneggiatore Vidal furono condannati a pagare una multa di 400.000 lire, Brass evitò sanzioni perché, a causa della cacciata di Guccione giunta prima del montaggio, non fu ritenuto responsabile dell’esito finale. Ma non erano stati gli unici soldi dilapidati nei vizi del dissoluto Caligola cinematografico. Nel ’79 al tribunale, ritardando l’uscita del film, si era rivolto anche Vidal chiedendo e ottenendo la cancellazione del proprio nome dall’opera, che disconosceva come propria, rimettendoci anche una percentuale del proprio compenso come sceneggiatore. Adesso però proprio dalle memoriabilia di Penthouse pare spuntino documenti inediti che qualcuno vorrebbe utilizzare per un altro film, nuovamente sconfessando volta il lavoro di Tinto Brass.
Era già successo con l’ingeneroso cortometraggio di Francesco Vezzoli “Trailer for a remake of Gore Vidal’s Caligula” presentato alla Mostra del cinema di Venezia nel 2015, una messinscena hollywoodiana che fa parte di una serie di “falsi d’autore” artistici e immaginava, appunto, il trailer di una nuova versione del film. Ma il nome di Tinto era scomparso dalle citazioni dell’opera originaria, che improvvisamente non era più un porno trash ma diventava cult di genere (negli anni 80 sono stati prodotti vari Dvd con il film integrale e contributi di making of). Estromettendo il suo vero autore, come potrebbe accadere anche per quest’ultimo, misterioso progetto di remake americano.




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