Pietro Cavallo: "Aiutatemi a trovare i miei fratelli perduti"

L'appello di Pietro Cavallo per ritrovare i fratelli Rosa e Antonio, di cui ha perso le tracce nell'infanzia, quando furono affidati a tre orfanotrofi diversi e separati. Racconto questa storia in un articolo pubblicato ieri sul Quotidiano del Sud.







«Le sto parlando con le lacrime agli occhi, sì… mi capita sempre, ogni volta che penso ai miei fratelli». Pietro Cavallo si commuove, la voce incerta al telefono tradisce l’emozione di raccontare la sua storia, iniziata negli anni Sessanta e ancora in attesa di un epilogo che riempia tutti i silenzi e le assenze. Un lunghissimo filo familiare, doloroso e a tratti oscuro, che unisce Germania, Calabria e Puglia, spezzato bruscamente nel legame più importante, quello di tre bambini separati in tenera età. 
Dei fratelli Cavallo con questo cognome è rimasto solo lui: oggi 59enne, vive a Taranto, lavora nella scuola e il suo unico desiderio è ritrovare Rosa e Antonio, di cui ha perso le tracce più di quarant’anni fa. Ha chiesto aiuto alla figlia maggiore Valentina, residente a Pesaro per lavoro, che sta tappezzando i social con le vecchie fotografie degli zii perduti. Ritratti in tinta seppia di due bambini nelle loro divise da orfani, lei seria come un’adulta con il grembiule a quadretti dell’epoca, lui calzoncini corti e sorriso furbetto. Orfani non di nascita, ma per scelta di altri, nell’inermità dei piccoli che subiscono le decisioni dei grandi.
La sorellina l’ha incontrata due volte, Pietro: «Mio padre me la portava in visita, era alta e aveva i capelli corti come un maschio. Ricordo che all’inizio sedeva sulle ginocchia di papà ma poi veniva ad abbracciarmi affettuosa. Poi è stata adottata e le hanno vietato ogni rapporto con la famiglia d’origine. Antonio non lo ricordo, non l’ho mai conosciuto».
La storia della famiglia Cavallo era stata quella di molti emigranti calabresi degli anni Cinquanta. Il padre Cesare cresciuto a Rossano, la madre originaria di Longobucco. Partirono per la Germania seguendo un’opportunità di lavoro e benessere, Pietro nacque lì nel 1961 quando la puerpera era giovanissima, forse troppo per voler fare la mamma. Ma nel destino di questa famiglia c’era il sogno di tutti i migranti, l’ambito ritorno in patria, a Rossano, che in questo caso però a loro non porta fortuna. Il bambino aveva due anni, pochi mesi dopo sarebbe nata la secondogenita Rosa, due anni più tardi Antonio. 

Poi accade qualcosa che nessuno ha mai voluto spiegare. «Mio padre – ricorda Pietro – è stato un uomo infelice. La sua testa non funzionava bene, ha ereditato qualche guasto, era nervoso. Si è messo nei guai con la giustizia… non voglio giustificarlo, ma certo non era un criminale, forse ha semplicemente rubato il pane per sfamarci. Però allora la legge era molto rigorosa. Il matrimonio con mia madre è fallito, lei era molto giovane, dicono che si sia innamorata di un altro e lo abbia lasciato… nessuno mi ha voluto dire realmente cosa sia successo. A pagare siamo stati noi figli, perché il tribunale degli minori ha ritenuto di allontanarci da quella coppia giudicata incapace di allevarci». Tutto si svolge in tempi brevissimi, che Pietro Cavallo, dalla sua memoria di bambino, non riesce a collocare con precisione nel tempo. Il tribunale convoca tre volte i coniugi per invitarli ad occuparsi dei ragazzi ma ogni incontro viene disertato, così i due perdono la potestà genitoriale e i minori sono dichiarati adottabili, dunque sistemati in istituti diversi. Pietro e Rosa in Puglia (il maggiore al Cuore di Mamma di Sava e la ragazzina al Marinosci di Martina Franca), il più piccolo in Calabria, le uniche tracce ricostruite dai parenti dicono fosse in una struttura nei pressi di Carolei. Pietro non riesce a raggiungere il traguardo dell’adozione e si sposta in vari istituti fino a 14 anni, poi rientra nella famiglia d’origine grazie alla nonna paterna, che lo riporta a Rossano. Lì cerca di scoprire dove si trovano i fratelli ma carpisce notizie vaghe e inattendibili. «Una zia che s’informava dagli orfanotrofi mi ha detto che entrambi sono stati adottati e che Rosa è rimasta in Puglia con la nuova famiglia. Di Antonio seppi soltanto anni dopo che studiava per diventare avvocato. Quando questa zia è morta non ho più saputo nulla».
Dove saranno Rosa e Antonio? Possibile che non abbiano visto i tanti messaggi disseminati sul web dal fratello e la nipote? Valentina è disincantata: «Esiste tanta omertà attorno alla storia della nostra famiglia. Purtroppo i miei nonni paterni non sono stati bravi genitori e credo ci siano vicende che si vogliono tenere nascoste, nei piccoli centri è così. Ma per papà rivedere i fratelli è diventata la cosa più importante della sua vita, lo vedo tormentarsi e star male». Il padre di Pietro è scomparso molti anni fa, verso di lui l’uomo aveva imparato a provare una pacata, umana accettazione. La mamma, dopo una lunghissima distanza affettiva e materiale, si era messa in contatto con lui nel tentativo di riparare ai danni, ma si scontrò con un adolescente guardingo e freddo, poco diplomatico come tutti i giovani. «Avevo 18 anni – continua Pietro - lei si presentò come mia madre e io rimasi indifferente, non potevo fingere, avevo la spontaneità della mia età. Si era risposata e aveva altri figli ma mi chiese ugualmente di andare a vivere con lei. Io però non ci sono riuscito. Partii militare in Marina e da allora l’ho vista solo di rado e non si è mai realmente interessata di quello che facevo. Mi hanno raccontato che ha perso un altro figlio in una brutta situazione, non so se sia vero ma non mi interessa. Non posso perdonarle di aver diviso noi fratelli». 
Ritrovare Pietro per la madre è stato facile perché viveva con i parenti del marito e aveva conservato il cognome, ma gli altri figli (dei quali assurdamente non ricordava neanche la data di nascita) non li cercò, sembra a causa della sopravvenuta opposizione del secondo marito. Per Pietro e Valentina, che invece vogliono ricongiungersi a loro con tutto il cuore, gli ostacoli sono altri. La legge dà il diritto ad ottenere atti e dei parenti biologici solo se la ricerca è finalizzata conoscere le proprie origini, altrimenti ogni dato è difeso dalla barriera della privacy ed esiste anche un diritto all’anonimato e all’oblio di un passato familiare che si vuole cancellare dalla vita presente.
A storie come questa si sono ispirati film e romanzi: istituti che sistemavano i bambini per lucro facendone sparire i documenti di nascita; bambini “in eccesso” ceduti in famiglia a chi non poteva averne; cognomi cambiati all’anagrafe; furti e atti vandalici che cancellano per sempre le identità di quei “figli di n.n.”. Pietro e i suoi fratelli hanno indossato a lungo questa etichetta e forse i due figli che hanno estirpato il nome dei Cavallo ora vogliono soltanto dimenticare. Valentina lo ha messo in conto, Pietro no: «Io devo trovarli, non voglio morire senza averli rivisti. E sono certo che è lo stesso anche per loro… ricordo gli abbracci di Rosa. Il sangue non si dimentica, sono sicuro che non mi rifiuteranno, me lo sento dentro». Dopo gli annunci su Facebook qualche telefonata è arrivata, ma Valentina non si fida. Molta curiosità e poche informazioni, puro gossip meridionale di periferia. Lo chiediamo anche noi da queste pagine: se siete stati negli stessi istituti di quei due bambini e li ricordate dai nomi o dalle foto, se ricordate case per orfani sulla collina cosentina - contattateci. Se conoscete oggi Rosa e Antonio, fategli sapere che hanno un fratello che non non ha mai smesso di pensare a loro. Infine, se siete avvocati e volete aiutare Pietro nelle sue ricerche, contattateci: i costi che gli hanno prospettato sono elevati e adesso i soldi servono per far concludere gli studi al figlio minore – un impiegato statale, padre di famiglia, non dispone dei potenti mezzi che fanno la differenza tra chi può usufruire della legge e chi no.
Ma le vere risposte ai misteri di questa storia speriamo arrivino dalle uniche persone che possono darle. Gli ex bambini figli di emigranti calabresi che Pietro è sicuro vogliano anche loro farsi ritrovare. Rosa che potrebbe essere medico e Antonio che potrebbe essere avvocato. Oggi probabilmente hanno altri nomi e le loro esistenze hanno strappato via ogni radice di quell'infanzia di mancanze e abbandoni. Ma forse vivono ancora una in Puglia e l’altro in Calabria, vicinissimi al fratello che li cerca.













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