A chi fa bene il Wellness
Attenzione, ciò che arriva dalla natura non è buono in modo assoluto: se usato nel modo sbagliato può fare molti danni. La nuova serie Netflix “A chi fa bene il wellness” suscita una certa suggestione in chi è attratto da olistica, medicina alternativa, biocosmesi e diete zen (ed è chiaro come lo scopo sia esattamente questo).
Il titolo originale è già un programma, “UnWell”: infatti i protagonisti delle storie raccontate stanno più male che bene, compresi quelli che testimoniano esperienze a lieto fine ma in realtà sembrano poco credibili invasati. Nelle intenzioni, la docu-serie che esplora il boom dell’industria del benessere dovrebbe ascoltare con imparzialità entrambe le campane del pro e contro, ma la materia è sensibile, rischiosa. Quando dalla superficie lucente delle mode affiorano gli spettri di malattie incurabili, morti e violenze, la coscienza impone una precauzionale faziosità – quindi gli autori precisano che non si tratta di divulgazione scientifica né di suggerimenti terapeutici da seguire alla lettera, se non dietro parere medico. Sì, perché questa fabbrica delle illusioni è seduttiva assai e promette giovinezza, guarigione, serenità. A fine visione rimane un retrogusto amaro sull’umanità a cui questo ieratico mondo lancia melodiosi richiami delle sirene. Un mondo che si presenta con i crismi di una filosofia dai tratti spirituali – quasi l’ultima religione next age - ma altro non è che mercato. Un business da fatturati stellari, costruito senza scrupoli su fragilità e disperazioni della nostra epoca.
Oli essenziali. Aroma e cromoterapia, gocce purissime di salvezza da tumori, depressione, allergie e traumi. Negli ultimi anni il commercio degli oli essenziali è esploso con un potentissimo effetto placebo, amplificato dalla sfiducia nella medicina tradizionale e la paura post millenniale di infezioni e pandemie (… prossimamente qualcuno annuncerà una cura bio anche per il Covid)? Sarà anche una fede – assicurano i suoi adepti - ma serve essenzialmente a fare soldi. I produttori hanno costruito i loro imperi sul multilevel marketing, la terribile struttura piramidale di soci che ogni disoccupato (soprattutto le donne) conosce perché gli viene proposta da puntuali passaparola di amici e quasi sempre respinta gentilmente ai mittenti. Ma non è sempre così. Circuite da furbastri come i “diamanti” di DoTerra e Young Living molte casalinghe americane hanno perso denaro e insieme a loro si sono rovinate anche le persone care trascinate nella catena per acquisire punteggio. Entri e devi comprare ogni mese, foraggiando i vertici della piramide e trovando altra gente da sistemare ai piani bassi nella speranza di guadagnare alle sue spalle, in una spirale infinita. I soldi si generano solo in alto. E qualcuno, come Stacy Hakuta, ha contratto pure una grave allergia a causa del consumo eccessivo degli oli. Infatti per promuovere la cultura delle essenze (e venderla) devi crederci, sulla tua pelle. Il primo a farlo è stato il carismatico Gary Young, guru fondatore di Young Living, colosso indiscusso del settore insieme all’azienda rivale DoTerra. Un santone vestito da cowboy che riempie le sale durante ispiratissime convention dove racconta la sua storia: ex malato e depresso, era finito sull’orlo del suicidio e si è salvato grazie agli oli. Lui ci crede così tanto da essere stato denunciato per la pratica di operazioni chirurgiche effettuate pur non avendo licenza medica. Così tanto da aver persino sacrificato la vita della figlia, che si dice sia morta dopo una delle terapie. La Food & Drug Administration ha vietato ai commercianti di oli essenziali l’attribuzione di proprietà curative ai prodotti, ma dietro le quinte del mercato, in via non ufficiale, lo si dice, eccome. Ad esempio, il carismatico Dr. Z, al secolo Eric Zelinski, insieme alla moglie Sabrina, ex reginetta di bellezza convertita in amorevole moglie e madre, ha ideato un blog sulle essenze dove non si vendono gli oli ma corsi che insegnano a realizzarli. Anche lui è stato folgorato dall’illuminazione dopo una lunga schiavitù sotto il giogo del male oscuro. E oggi dal pulpito del suo seguitissimo blog predica il consumo degli oli con fervore biblico: le essenze e i loro prodigi, cari fratelli, sono un chiaro segnale della volontà di Dio.
Sesso tantrico. Un po’ come avviene nelle discussioni sui social, i praticanti del tantra non sono sessuologi o medici e non hanno nessun titolo se non l’avida lettura di libri e un miracoloso sapere personale, che hanno deciso di condividere con chi non ha mai provato la gioia dell’Orgasmo Totale, vantata esperienza vicina al Divino. A dirla tutta con un po’ di cattiveria, Sacha Cobra, Emily Negoski o la guida tantrica delle star, Michaela Bohm, non sono neanche bellone sexy, eppure conoscono il segreto per la massima esaltazione dei corpi. Ma lo elargiscono con tariffari a molti zeri.
Si chiama, per la precisione, neo-tantrismo e gli studiosi lo bollano come un fenomeno di appropriazione culturale che ha poco in comune con l’originaria filosofia orientale. Gli occidentali chiedono essenzialmente piacere sessuale con il bollino della moda spirituale ed ecco confezionati per loro pacchetti-vacanza dai quali si rientra a casa guariti da traumi e blocchi vari attraverso la connessione corporea e mentale con l’altro. Insomma, non è lussuria ma Nirvana. Dentro il neo-tantrismo ci sono però anche casi di sottomissione finalizzati allo stupro, un obiettivo molto lontano dal dialogo dei corpi con Dio. Balzata agli onori della cronaca nel 1990, la comunità Agama Yoga è stata descritta come un luogo di prigionia psicologica dove a commettere gli abusi era proprio il grande capo swami Saraswati. Le sue vittime sono ragazze spezzate da traumi indelebili. E nell’universo del neo-tantrismo il discrimine sembra essere proprio questo: una linea decisa che separa le donne forti e consapevoli di sé da quelle deboli, vittime designate dei plagi.
Ayahuasca. Restiamo in tema di appropriazione culturale: l’esotico nome appartiene a una pianta peruviana, dalla quale sono estratte sostanze allucinogene che spopolano tra i fricchettoni occidentali in cerca di nuove emozioni. Detto in parole semplici, si tratta di una droga psichedelica. Ma l’Occidente arraffa quel che può e lo rimodella a suo gusto. Gli antropologi spiegano che le comunità dove viene somministrato l’infuso di ayahuasca per denaro hanno svenduto ai turisti il rito originario legato alla pianta. E’ infatti solo lo sciamano, durante la vera celebrazione religiosa, ad ingerire la bevanda sacra: sarà poi lui, sotto l’effetto eccitante della sostanza, a diventare collegamento tra i partecipanti e le divinità. Ma nessuno paga per vedere passivamente qualcun altro che si sballa, così oggi gli sciamani condividono il Dono. Certo non tutti possono permettersi la mistica esperienza in loco con l’ayahuasca, e negli Usa c’è chi fa arrivare la piantina dall’Amazzonia per i suoi clienti. Soul Quest si definisce una chiesa, una scappatoia concettuale per aggirare il divieto della DEA, che ha classificato l’ayahauasca come droga, vietandone l’utilizzo se non nei riti religiosi. Come tutti gli allucinogeni, anche l’infuso della piantina amazzonica può dare alla testa: sotto i suoi effetti qualcuno è morto e qualcun altro ha ucciso. Ma sciamani e guaritori sono convinti che accada soltanto agli occidentali, stressati e ammalati nel corpo e nell’anima. Tutta colpa della nostra società irrequieta.
Digiuno e veleno delle api. Sono le ultime due grandi tendenze del benessere naturale. In particolare, gli insetti che amano il miele sarebbero capaci di due incredibili miracoli: far ringiovanire la pelle ma anche curare il morbo di Lyme, malattia degenerativa di cui soffriva la fondatrice di Heal Hive, comunità al femminile dove ognuno fa da sè imparando come farsi pungere dalle api e assumendosi il rischio di shock e allergie – anche se le allieve più tenere si sentono in colpa per il sacrificio obbligato delle piccole amiche volanti. Poi c’è l’imprenditrice Deborah Mitchell, ideatrice di Heaven, diventata milionaria con le sue creme antirughe guadagnando le star di Hollywood come testimonial. E a Gaza il centro di apicoltura sintetizza l’azione terapeutica in chiave sacra: le api portano guarigione perché sono messaggere di Dio.
Affamarsi per dimagrire, invece, non è proprio una scoperta da Nobel. Ma ora lo si fa in gruppi e non tutte le “cliniche” specializzate garantiscono un monitoraggio medico. Perché digiunare, se non si è eremiti evangelici, resta una pratica pericolosa, causa o sintomo di disturbi alimentari e che può condurre alla morte. Il Tanglewood Wellness Center ha qualcuno sulla coscienza, ma il direttore Loren Lockwood ha declinato la responsabilità della struttura perché ogni sessione di digiuno è volontaria ed eventuali svenimenti o cadute possono “capitare”: nessuno viene costretto ma nemmeno fermato.
Latte materno. Infine, ci sono i maniaci del latte materno, con in testa le “pancine” americane, stakanoviste dell’allattamento capaci di trasformare il più antico atto di cura e amore del genere umano in una maratona a ritmi marziali. Per tirare e conservare il latte si arriva ad impegnare oltre cinque ore al giorno, una tabella di marcia che, privilegiando gli aspetti nutritivi e immunitari dell’alimento materno, annulla la componente affettiva del rapporto corporeo con il bambino: non ci attacca quasi più al seno poiché il latte è stato “stoccato” in una scorta infinita di bottigliette. Negli ultimi anni, però, queste madri multitasking hanno scoperto nel loro latte una fonte di reddito familiare extra. Se nella tradizione del passato le puerpere dai seni gonfi lo donavano alle neomamme meno biologicamente fortunate o ai bambini abbandonati e orfani, oggi la beneficenza è finita. Il latte si vende, e non a buon mercato, agli adulti. La piazza preferenziale è Facebook e gli acquirenti uomini palestrati che lo assumono per favorire l’aumento della massa muscolare. E non mancano le furbe che “allungano” le bottiglie (pagate a capienza) con acqua e latte vaccino. Ma anche per il latte puro esistono controindicazioni: il primordiale alimento si deteriora come ogni altro, e in laboratorio sono state trovate tracce di batteri e persino liquidi fognari. Qualche ricercatore accarezza ugualmente il grande sogno di usare il latte materno per debellare il cancro, ma in troppi remano contro: ancora una volta mancano i fondi da investire su una ricerca che ha poco appeal economico e si contrapporrebbe all’industria farmaceutica, imbattibile competitor che invece i soldi li ha. Un peccato di arroganza quello di chi si schiera con il mercato, perché, come si è visto in questa docu-serie, la natura è molto più forte, e in grado di generare ricchezza, salvare e uccidere. La natura è capace di tutto.
Oli essenziali. Aroma e cromoterapia, gocce purissime di salvezza da tumori, depressione, allergie e traumi. Negli ultimi anni il commercio degli oli essenziali è esploso con un potentissimo effetto placebo, amplificato dalla sfiducia nella medicina tradizionale e la paura post millenniale di infezioni e pandemie (… prossimamente qualcuno annuncerà una cura bio anche per il Covid)? Sarà anche una fede – assicurano i suoi adepti - ma serve essenzialmente a fare soldi. I produttori hanno costruito i loro imperi sul multilevel marketing, la terribile struttura piramidale di soci che ogni disoccupato (soprattutto le donne) conosce perché gli viene proposta da puntuali passaparola di amici e quasi sempre respinta gentilmente ai mittenti. Ma non è sempre così. Circuite da furbastri come i “diamanti” di DoTerra e Young Living molte casalinghe americane hanno perso denaro e insieme a loro si sono rovinate anche le persone care trascinate nella catena per acquisire punteggio. Entri e devi comprare ogni mese, foraggiando i vertici della piramide e trovando altra gente da sistemare ai piani bassi nella speranza di guadagnare alle sue spalle, in una spirale infinita. I soldi si generano solo in alto. E qualcuno, come Stacy Hakuta, ha contratto pure una grave allergia a causa del consumo eccessivo degli oli. Infatti per promuovere la cultura delle essenze (e venderla) devi crederci, sulla tua pelle. Il primo a farlo è stato il carismatico Gary Young, guru fondatore di Young Living, colosso indiscusso del settore insieme all’azienda rivale DoTerra. Un santone vestito da cowboy che riempie le sale durante ispiratissime convention dove racconta la sua storia: ex malato e depresso, era finito sull’orlo del suicidio e si è salvato grazie agli oli. Lui ci crede così tanto da essere stato denunciato per la pratica di operazioni chirurgiche effettuate pur non avendo licenza medica. Così tanto da aver persino sacrificato la vita della figlia, che si dice sia morta dopo una delle terapie. La Food & Drug Administration ha vietato ai commercianti di oli essenziali l’attribuzione di proprietà curative ai prodotti, ma dietro le quinte del mercato, in via non ufficiale, lo si dice, eccome. Ad esempio, il carismatico Dr. Z, al secolo Eric Zelinski, insieme alla moglie Sabrina, ex reginetta di bellezza convertita in amorevole moglie e madre, ha ideato un blog sulle essenze dove non si vendono gli oli ma corsi che insegnano a realizzarli. Anche lui è stato folgorato dall’illuminazione dopo una lunga schiavitù sotto il giogo del male oscuro. E oggi dal pulpito del suo seguitissimo blog predica il consumo degli oli con fervore biblico: le essenze e i loro prodigi, cari fratelli, sono un chiaro segnale della volontà di Dio.
Sesso tantrico. Un po’ come avviene nelle discussioni sui social, i praticanti del tantra non sono sessuologi o medici e non hanno nessun titolo se non l’avida lettura di libri e un miracoloso sapere personale, che hanno deciso di condividere con chi non ha mai provato la gioia dell’Orgasmo Totale, vantata esperienza vicina al Divino. A dirla tutta con un po’ di cattiveria, Sacha Cobra, Emily Negoski o la guida tantrica delle star, Michaela Bohm, non sono neanche bellone sexy, eppure conoscono il segreto per la massima esaltazione dei corpi. Ma lo elargiscono con tariffari a molti zeri.
Si chiama, per la precisione, neo-tantrismo e gli studiosi lo bollano come un fenomeno di appropriazione culturale che ha poco in comune con l’originaria filosofia orientale. Gli occidentali chiedono essenzialmente piacere sessuale con il bollino della moda spirituale ed ecco confezionati per loro pacchetti-vacanza dai quali si rientra a casa guariti da traumi e blocchi vari attraverso la connessione corporea e mentale con l’altro. Insomma, non è lussuria ma Nirvana. Dentro il neo-tantrismo ci sono però anche casi di sottomissione finalizzati allo stupro, un obiettivo molto lontano dal dialogo dei corpi con Dio. Balzata agli onori della cronaca nel 1990, la comunità Agama Yoga è stata descritta come un luogo di prigionia psicologica dove a commettere gli abusi era proprio il grande capo swami Saraswati. Le sue vittime sono ragazze spezzate da traumi indelebili. E nell’universo del neo-tantrismo il discrimine sembra essere proprio questo: una linea decisa che separa le donne forti e consapevoli di sé da quelle deboli, vittime designate dei plagi.
Ayahuasca. Restiamo in tema di appropriazione culturale: l’esotico nome appartiene a una pianta peruviana, dalla quale sono estratte sostanze allucinogene che spopolano tra i fricchettoni occidentali in cerca di nuove emozioni. Detto in parole semplici, si tratta di una droga psichedelica. Ma l’Occidente arraffa quel che può e lo rimodella a suo gusto. Gli antropologi spiegano che le comunità dove viene somministrato l’infuso di ayahuasca per denaro hanno svenduto ai turisti il rito originario legato alla pianta. E’ infatti solo lo sciamano, durante la vera celebrazione religiosa, ad ingerire la bevanda sacra: sarà poi lui, sotto l’effetto eccitante della sostanza, a diventare collegamento tra i partecipanti e le divinità. Ma nessuno paga per vedere passivamente qualcun altro che si sballa, così oggi gli sciamani condividono il Dono. Certo non tutti possono permettersi la mistica esperienza in loco con l’ayahuasca, e negli Usa c’è chi fa arrivare la piantina dall’Amazzonia per i suoi clienti. Soul Quest si definisce una chiesa, una scappatoia concettuale per aggirare il divieto della DEA, che ha classificato l’ayahauasca come droga, vietandone l’utilizzo se non nei riti religiosi. Come tutti gli allucinogeni, anche l’infuso della piantina amazzonica può dare alla testa: sotto i suoi effetti qualcuno è morto e qualcun altro ha ucciso. Ma sciamani e guaritori sono convinti che accada soltanto agli occidentali, stressati e ammalati nel corpo e nell’anima. Tutta colpa della nostra società irrequieta.
Digiuno e veleno delle api. Sono le ultime due grandi tendenze del benessere naturale. In particolare, gli insetti che amano il miele sarebbero capaci di due incredibili miracoli: far ringiovanire la pelle ma anche curare il morbo di Lyme, malattia degenerativa di cui soffriva la fondatrice di Heal Hive, comunità al femminile dove ognuno fa da sè imparando come farsi pungere dalle api e assumendosi il rischio di shock e allergie – anche se le allieve più tenere si sentono in colpa per il sacrificio obbligato delle piccole amiche volanti. Poi c’è l’imprenditrice Deborah Mitchell, ideatrice di Heaven, diventata milionaria con le sue creme antirughe guadagnando le star di Hollywood come testimonial. E a Gaza il centro di apicoltura sintetizza l’azione terapeutica in chiave sacra: le api portano guarigione perché sono messaggere di Dio.
Affamarsi per dimagrire, invece, non è proprio una scoperta da Nobel. Ma ora lo si fa in gruppi e non tutte le “cliniche” specializzate garantiscono un monitoraggio medico. Perché digiunare, se non si è eremiti evangelici, resta una pratica pericolosa, causa o sintomo di disturbi alimentari e che può condurre alla morte. Il Tanglewood Wellness Center ha qualcuno sulla coscienza, ma il direttore Loren Lockwood ha declinato la responsabilità della struttura perché ogni sessione di digiuno è volontaria ed eventuali svenimenti o cadute possono “capitare”: nessuno viene costretto ma nemmeno fermato.
Latte materno. Infine, ci sono i maniaci del latte materno, con in testa le “pancine” americane, stakanoviste dell’allattamento capaci di trasformare il più antico atto di cura e amore del genere umano in una maratona a ritmi marziali. Per tirare e conservare il latte si arriva ad impegnare oltre cinque ore al giorno, una tabella di marcia che, privilegiando gli aspetti nutritivi e immunitari dell’alimento materno, annulla la componente affettiva del rapporto corporeo con il bambino: non ci attacca quasi più al seno poiché il latte è stato “stoccato” in una scorta infinita di bottigliette. Negli ultimi anni, però, queste madri multitasking hanno scoperto nel loro latte una fonte di reddito familiare extra. Se nella tradizione del passato le puerpere dai seni gonfi lo donavano alle neomamme meno biologicamente fortunate o ai bambini abbandonati e orfani, oggi la beneficenza è finita. Il latte si vende, e non a buon mercato, agli adulti. La piazza preferenziale è Facebook e gli acquirenti uomini palestrati che lo assumono per favorire l’aumento della massa muscolare. E non mancano le furbe che “allungano” le bottiglie (pagate a capienza) con acqua e latte vaccino. Ma anche per il latte puro esistono controindicazioni: il primordiale alimento si deteriora come ogni altro, e in laboratorio sono state trovate tracce di batteri e persino liquidi fognari. Qualche ricercatore accarezza ugualmente il grande sogno di usare il latte materno per debellare il cancro, ma in troppi remano contro: ancora una volta mancano i fondi da investire su una ricerca che ha poco appeal economico e si contrapporrebbe all’industria farmaceutica, imbattibile competitor che invece i soldi li ha. Un peccato di arroganza quello di chi si schiera con il mercato, perché, come si è visto in questa docu-serie, la natura è molto più forte, e in grado di generare ricchezza, salvare e uccidere. La natura è capace di tutto.
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