Il matrimonio più sconvolgente della storia

Questo mio articolo sul film "Il matrimonio più sconvolgente della storia" di Demetrio Casile è stato pubblicato oggi sul Quotidiano del Sud  





«Sono felice e soddisfatto, il film è esattamente come lo volevo. Ho un unico grande dolore, che Giacomo non sia qui e non lo vedrà». Demetrio Casile si commuove ricordando l’amico Battaglia ed è dedicato a lui, l’amatissimo artista reggino scomparso l’anno scorso, il suo “Matrimonio più sconvolgente della storia”, che si presenta finalmente al pubblico con una serata speciale il 25 agosto all’Arena dello Stretto di Reggio. Rimarrà l’ultima apparizione sullo schermo di Battaglia, che alla fine della lavorazione precipitò nell’ultima fase del male che lo ha condotto a un lungo stato di coma e poi alla morte. «Lo considerava il film della sua vita – continua il regista – ed è vero. Ho fatto una sola proiezione per addetti ai lavori, a Bologna, e tutti erano strabiliati dalla sua interpretazione… è un ruolo che lascia il segno e racchiude il senso del film». 
Una storia che Casile definisce, coniando un nuovo genere, «musical tamarro”, ma utilizza la comicità trash per un obiettivo serio, denunciare i rapporti tra ‘ndrangheta e potere. La satira è spietata, il tocco leggero perché «nel modo giusto si può anche ridere dei nostri guai». Nel film Giacomo Battaglia lo fa incarnando un boss locale, campione di ignoranza abituato ad ottenere con la forza. «Ha dato il massimo – racconta il regista – in tante scene spassosissime dove è magnifica la sua abilità nello sbeffeggiare questo tipo di personaggio e la vecchia incultura che rappresenta».
Un film che vuole far ridere di cuore ma non soltanto. Musical, dicevamo. E infatti la colonna sonora si preannuncia come uno dei punti di forza, firmata da Lenzo Malafarina e con l’innesto di brani di due cantanti, la calabrese Giusy Mercury e la siciliana Mariarosa Finocchiaro. «Alla fine della proiezione vedrete – promette il regista – staremo tutti a cantare e ballare».
Doveva costare due milioni di euro, un po’ troppi senza una produzione alle spalle. Casile ha voluto fare da solo, ispirato dall’esperienza di un gruppo di giovani cineasti americani con il crowdfunding. La lampadina si accende in New Mexico, dove il regista reggino si trovava per promuovere la sua opera precedente “Melina”. Ma l’idea batteva da tempo nella testa, con contorni precisi: «Pensavo a una storia corale, nella quale coinvolgere il mio territorio e la mia gente. Quando l’ho scritta ho capito che avrei potuto farlo solo con il loro aiuto. Una scommessa, certo… anzi Pupi Avati mi disse che era un progetto folle. Ma aggiunse che un pazzo come me poteva farcela, e oggi io sento di aver vinto la scommessa. Ho dimostrato che è possibile fare un film bene pur senza grandi risorse». Il crowfunding ha movimentato 1860 soci raccogliendo 30.000 euro, il resto lo ha investito personalmente il regista. Le maestranze sono state pagate regolarmente, la post produzione effettuata con attrezzature di alta qualità a Bologna, città adottiva di Casile. Il set ambientato a Reggio e provincia è stato un piccolo miracolo di solidarietà e buon vicinato calabrese: ristoranti e alberghi che hanno offerto vitto e alloggio a tutta la troupe per le sei serrate settimane di riprese, sostenitori estemporanei che partecipavano a una colletta comunitaria con quello che potevano dare, anche pochi euro ma utili fino al centesimo. E un sacerdote ha invitato i propri parrocchiani a donare: «Lo hanno fatto perché sono uno di loro, apparteniamo alla stessa terra. Solo qui, nella mia città avrei potuto compiere un’impresa così».
Casile, stakanovista del ciak, ha però voluto nel cast attori non professionisti e gente comune (oltre 1800 comparse). Un’altra scommessa, quasi una citazione da metacinema dei provini di “L’uomo delle stelle”, anonimi che entrano nella macchina dei sogni. «Bellissimo ma rischioso», spiega. «Dall’essere comici potevamo diventare ridicoli. Invece è stato tutto perfetto, bravissimi e naturali come li volevo». Eccetto l’outsider Battaglia, il film si regge interamente sugli altri due interpreti, gli sposi il cui insperato amore, tamarro ma sincero, porterà all’happy ending: Natale Bova, timido cameriere, e la volgarissima sorella del boss, una Paola Lavini artista completa, che recita, canta e balla.
A dispetto del periodo infausto con lo spauracchio del lockdown, Casile è già in pista per la distribuzione, con 25 sale per anteprime italiane e una contrattazione in corso con nomi importanti. Poi ci saranno i festival, da quello di Montecarlo ad ottobre fino alle date internazionali (le versioni sottotitolate inglese e francese sono già pronte). Un’eventuale quarantena non spaventa il regista reggino, che per una vicenda giudiziaria di cui è stato vittima nella fase di montaggio, ha subito uno stop di oltre un anno. L’autore del “Ragazzo di Calabria” è carico anche su altri futuri progetti, come la sceneggiatura sulle ultime ore di vita di Gesù, che ha proposto alla superstar Bradley Cooper («se non avrò un grande protagonista, non lo faccio». E, per restare al passo con i tempi, se è vero che oggi i nubendi cinematografici Nunzia e Cosimino si amano, per loro Casile sta scrivendo uno sconvolgente divorzio. Che, a differenza di quelli veri, si spera sarà tutto da ridere.

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