Sergio Cammariere "Libero nell'aria"


Questa mia recensione al romanzo "Libero nell'aria" di Sergio Cammariere, edito da Rizzoli, è stata pubblicata sul Quotidiano del Sud 
La foto di questo post è di Omar Hubertus Gasche



L’amore è il motore che tutto può, e la musica è amore allo stato puro. Sentimento e passione ispirano la voce di Sergio Cammariere dalla prima all’ultima pagina di “Libero nell’aria”, edito da Rizzoli e in uscita il 23 marzo nelle librerie.
Scritto in collaborazione con lo sceneggiatore Cosimo Damiano Donato, un po’ letteratura e un po’ autobiografia di una carriera straordinaria, il romanzo del cantautore crotonese è un inno alla libertà, sotto la protezione della melodia, musa e angelo custode di Cammariere sin da quel primo vagito in via Libertà, a Crotone, 61 anni fa. Nomen omen, il futuro musicista, figlio di un imprenditore agricolo e figlioccio di un acceso democristiano, viene battezzato Sergio Libero: sarà il felice imprimatur di un animo ribelle, guidato dalla voglia di seguire sempre istinto e cuore.

 
Arduo riassumere gli eventi narrati nel libro – sarebbe comunque sbagliato farne un diario puntuale, guasterebbe la suggestione della lettura e il gusto di ritrovare tra le righe i mutamenti della storia e del costume italiano, filtrati dai ricordi del protagonista. Meglio lasciare ai lettori il piacere di riannodare i fili cronologici e andare qui in ordine sparso.
Il pianoforte a coda Yamaha G3 comprato con i guadagni veri e lo choc per l’assassinio di John Lennon; il servizio militare scampato per un imbroglio, ingoiando carta stagnola, e i videoclip amatoriali girati con Jimbo Gianmarco Tognazzi – addosso, come abito di scena, l’impermeabile chiaro di Ugo, cimelio uscito dalla villa del grande istrione.
“Libero nell’aria” è un racconto di formazione pervaso di sensualità, un memoriale sull’idillio con la musica, gli affetti familiari e le amicizie (la più nostalgica è per Mimmo Caminiti, campione di nuoto che se n’è andato a vent’anni, volato via dalla sua moto sull’asfalto).
E’ un racconto sull’eterno richiamo delle radici. Cammariere ha girato il mondo e ha vissuto tra Firenze, Milano e Roma, ma Crotone resta la terra madre.
Tutto è iniziato lì, nel circo felliniano di personaggi surreali come il maestro di canto Campagna, che nel coro scolastico portò un giovanissimo Sergio a Castrocaro per il concorso per ragazzi “Ugoletta d’Oro”, dove i piccoli calabresi si esibirono sul palco sdoganando pure le artigianali palline clic-clac. O il viticoltore di Casabona che svezzava gli adolescenti con il rito del vino novello da bere a perdifiato (da allora il nostro cantautore, messo ko dai postumi di Bacco, è astemio). E ancora i pescatori che lo educavano a riempire le reti - ma quando gli mostrano i tre cuori del polpo, Sergio capisce che quella creatura così superiore agli uomini (noi di muscolo cardiaco ne abbiamo solo uno, spesso incapace di battere) non merita il sacrificio e al flipper ne riscatta la salvezza dalla sporta di un tracotante aguzzino. Citando Lucio Dalla: “I Pesci da cui discendiamo tutti assistettero curiosi al dramma collettivo di questo mondo”.
L’infanzia a Sud è fatta di stupide e spassose gare di pomodori spiaccicati (oggi Sergio se ne pente, che spreco assurdo) e dell’infantile innamoramento per la tenera Rita, sposata a 7 anni con un fiabesco matrimonio in riva al mare, come in un dipinto di Gauguin, e morta tragicamente bambina. Ma anche della bruciante disillusione verso il mondo degli adulti, incarnato dai genitori che con un sotterfugio gli fecero togliere le tonsille - la violenza inattesa dello strappo a mani nude è un doloroso tradimento.
La musica attira presto quel bambino riccioluto che non ama i giochi imposti dalle maestre d’asilo: Sergio s’incanta al ritornello di “Per Elisa “ di Beethoven, suonata dalla cugina mentre la finestra si apre sullo stadio Scida e le partite dei rossoblù. E nel ’65 in casa Cammariere fa ingresso il Geloso, chiamato così in omaggio al suo inventore, dove il padre di Sergio, profeticamente, avrebbe registrato anche le canzoni del festival di Sanremo.
Le note entrano nella vita del futuro pianista sfiorando i tasti dell’organo della chiesa di San Giuseppe e con i brani del juke-box del bar Vittoria, alternativa abbordabile ai costosi 45 giri venduti dai due unici negozi di dischi del centro cittadino.
Ma la musica aveva anche la conturbante presenza scenica delle star del tempo – la splendida Patty Pravo, ammirata senza veli sulla copertina di un Playboy riesumato da un cestino della spazzatura. Sergio, che era alle medie, nascose la rivista nel libro di italiano e quando il professore lo cacciò dall’aula, lui reagì sventolando la fotografia proibita mentre recitava un monologo su Gramsci e Pertini, acclamato eroe tra i coetanei dagli ormoni in subbuglio –anche l’insegnante lo riammise in classe, onore al coraggio di un giovane libero di nome e di fatto.
La strada percorsa dal cantautore è lunga e avventurosa. Tempo che passa e si consuma ardente, da quella prima rock band giovanile con i compagni Raffaele Cusato e Pino “Gufo” Giancotti a fare le prove nel locale messo a disposizione dall’impresario Sasà Giancotti (fratello di Pino) eludendo l’oratorio. L’indipendenza dai preti permetteva di suonare il dannato Jimi Hendrix con un segreto pubblico di ragazze sfuggite al coprifuoco delle mamme. Si pagavano, però, le maledizioni del vicinato: come quella volta in cui l’atmosfera dark dei Goblin evocò un infuriatissimo Totonno u cioto, iconico personaggio locale fuori di testa, convincendo i rockettari ad abbassare il volume. Poi nasce l’Orchestra Spettacolo e si fa sul serio con i primi ingaggi pagati.
Anche a Crotone circolava la droga, qualche amico farà una brutta fine. Presto scoppieranno la contestazione studentesca e gli scontri tra fascisti e comunisti a colpi di lacrimogeni, una lotta a cui Sergio assisteva dal balcone di casa – per lui l’unica rivoluzione possibile, potente e dolce, era la musica.
Un pacifista, un giovane sui generis – originale, romantico, erede della filosofia pitagorica, che gli ha insegnato a fondere matematica e musica nel mestiere della composizione. Uno che su Radio Crotone International ha un programma settimanale sul progressive rock e trasmette Osanna, New Trolls e Area ma lascia uno spazio d’ascolto per i maestri del classico barocco.
Nel ’79 Cammariere lascia la sua città per studiare a Firenze, dove adotta uno stile bohemien: pianobar, capelli al vento e giacca spigata di seconda mano che conquista le donne. Ma una soltanto è il grande amore, mai dimenticato. Michelle, etoile australiana di sangue irlandese come la sua chioma rossa, che gli ispira il brano “Fire Girl” – non sarà inciso, ma grazie a lei esordisce come compositore. Tra i due un legame intenso, vissuto a Crotone, Milano e Parigi, iniziato con il colpo di fulmine nel mitico bar fiorentino Bogart, poi una passeggiata, un bacio e una promessa che dovrà sciogliersi quando Michelle decide di inseguire il successo nel balletto.
La gavetta come pianista jazz nei locali insieme a Mario Lecci è divertente e porta Cammariere fino a Rio de Janeiro, ma si esaurisce con la sua stessa epoca, alla fine degli anni Ottanta – Gershwin è soppiantato dai dischi elettronici giapponesi, dal karaoke nuovo trend della musica dal vivo.
Siamo già negli anni Novanta e Sergio Libero debutta al cinema come autore musicale. L’occasione vera è vicinissima all’orizzonte, con il discografico e talent scout Vincenzo Micocci, a cui il crotonese suscita simpatia perché il cognome ricorda i fratelli italoamericani del film “Stregata dalla luna” (uno era Nicholas Cage, pazzo d’amore per Cher).
Lontani i giorni del pianobar, Cammariere inaugurerà poi il sodalizio con il paroliere Roberto Kunstler, e arriveranno il premio Tenco e Sanremo. Ancor prima delle due partecipazioni al festival, lì, nel regno del cantautorato d’eccellenza del “Tenco”, il palcoscenico dell’Ariston è un’emozione fortissima, propiziata dalla visione onirica dei grandi conterranei: in sogno gli appaiono la languida Mia Martini e il geniale Rino Gaetano (mai incontrato, eppure scoperto parente a sorpresa nello stravagante e illimitato albero genealogico delle famiglie calabresi).
“Libero nell’aria” è concluso da un’appendice playlist degli artisti citati nei 71 capitoli, che hanno attraversato la vita o i pensieri di Sergio Cammariere. Ci sono Endrigo, Conte, Paoli e Bacalov insieme ad Alda Merini e Mimmo Rotella, Monica Vitti insieme a Stanley Kubrick, Pasolini e il Dalai Lama. Per tutti loro danzano giri immensi di affinità elettive con un uomo che scrive canzoni e suona il pianoforte per celebrare la bellezza della libertà.
Un libro dedicato alla forza trascinante della musica – pagine necessarie, che oggi ricordano quanto ci mancano l’odore del palcoscenico e il suono degli applausi.




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