Il catcalling non è come chiamare dolcemente un gattino
L’abbiamo capito, la definizione catcalling vi sta facendo molto ridere a giudicare dalla mole di sfottò sui social, dove la simpatia più gettonata è tradurre all’impronta, quindi alla fine che sarà mai – è una maniera vezzosa di chiamare il gatto, vero? Giusto, infatti il termine viene proprio da lì, dai versetti e bacini con cui si attira un animaletto domestico, molto simili a fischi e altri borborigmi emessi da tamarri di varie latitudini e generazioni per manifestare gradimento verso la donna di turno, che, mentre si fa gli affari suoi per strada, al parcheggio del supermercato o alla fermata dell’autobus è raggiunta da tali suoni.
Quindi ok, la battuta ormai l’avete fatta e vi sentite grandi cabarettisti, ma la differenza con il “pciu-pciu” indirizzato al gatto è sostanziale: qualora non fosse chiaro, qui ci si rivolge a persone. E se già il gatto, orgoglioso e principesco essere vivente, se ne frega dei richiami umani e risponde solo quando pare a lui, dimostrando che non è un pupazzetto con cui giocare, per una donna il ragionamento dovrebbe valere a fortiori.
Una donna, peraltro, sconosciuta: non è una parente o un’amica con cui esiste un gergo cameratesco consolidato (e magari reciproco, eh). No, parliamo di una ragazza vista in giro e che per ragioni disparate fa venire in mente che un fischietto glielo potete lanciare, così, tanto per scherzare. Non a caso ho scritto ragioni disparate. Sì, perché fischi e apprezzamenti volgari non sono sempre finalizzati a un approccio o a esprimere in tono, diciamo, colorito, giudizi estetici.
Sulle chat si è consumato un massacro contro Aurora Ramazzotti, ritenuta per il suo aspetto fisico incapace di suscitare i suddetti “complimenti” random. Il catcalling spiegato a un bambino sarebbe una passeggiata, ma pur consapevole dell’ardua impresa con un pubblico adulto, io ci provo ugualmente. L’ho già detto e lo ribadisco, vi do una notizia: i vari bona, fata, figa e via dicendo fino a gradi massimi di porcate da osteria sono assolutamente slegati da elementi oggettivi (e persino soggettivi) di bellezza. Il tamarro fischiante li tributa urbi et orbi a qualunque femmina gli appaia davanti e che respiri, senza interrogarsi sulla sua beltà. E sta proprio qui la connotazione degradante del catcalling. Ti fischio dietro e magari penso che sei un cesso. Però hai un corpo femminile - sei un corpo che cammina - e io sono in diritto di trattarti come una bestia al pascolo. Sui social qualche maschietto, sempre sfottendo, ha finto di mettere il muso perché lui non lo fischiano, gne gne, chè se lo fate quello è contento, mica si offende. Io però non ne sono tanto sicura. Sarebbe contento il goliardico tapino di essere chiamato con un campanaccio? Per rendere meglio l’idea gli lanciamo pure un bastone per giocare, che dite?
"È inutile fischiare all'asino che non vuole bere" mi venne detto una volta da un uomo mugugnante che credeva di celare un palese rancore citando la saggezza popolare. Se identifichiamo le donne con le bestie, facilmente si farà di peggio - dal fischio, alle parolacce, all'evocazione delle attività sessuali che i catcaller vorrebbero praticare con loro. Inizia come dileggio ma può trasformarsi in un lasciapassare socialmente tollerato, l'anticamera della pacca sul culo.
Fin qui ho detto dei cafoni, e credo ci sia poco da dissentire, da parte sua di uomini che di donne, sulla sgradevolezza di certi tribali comportamenti - per non dire di chi allunga le mani. Fin qui siamo tutti d'accordo, spero.
Ma il dibattito di questi giorni ha riguardato soprattutto l’equazione tra un concetto più vasto di catcalling, che comprende anche il semplice complimento, e la molestia, con conseguenti prospettive di reati e sanzioni – scenario invero utopistico, poiché il confine tra villania e reale aggressione è molto netto e una persona non può essere denunciata per aver gridato “abbella” a una ragazza, altrimenti saremmo oberati di cause contro ignoti schiamazzatori e maleducati, non soltanto a sfondo sessuale. Molti uomini si sono chiesti: possibile che non sia lecito fare un apprezzamento - in modo garbato, s’intende? E poi, sì, forse vediamo una donna e ci piace e vogliamo conoscerla, perché non dovremmo avvicinarci e dirle qualcosa di carino?
A rincarare la dose sono state soprattutto tantissime donne, che hanno detto di non essere infastidite dalle attenzioni random degli sconosciuti, anzi. Le meno giovani se non ne ricevono più se ne dolgono, le ragazze (ma non le adolescenti, che sono davvero sveglie) la considerano una gratificazione innocua. Conclusione: chi grida all’abuso è un tantinello esagerata – e mettiamoci pure inacidita, frigida, sfigata, racchia, invidiosa delle belle e altri insulti del catalogo. Insomma, avrebbe ragione Damiamo Er Faina per il quale queste veraci esternazioni maschili devono essere gradite e guai se non ci fossero. Le donne, spiega Er Faina ridacchiando in romanesco, esistono per piacere agli uomini, quindi è un fatto normale. Ma se fosse stato davvero convinto delle idiozie proferite, il web-comico de noantri forse non si sarebbe fatto intimorire dalla valanga di shitstorming che lo ha travolto, chiedendo subito scusa con la coda tra le gambe. Il ragazzotto, sentendoci minacciare e ricoprirlo di odio, si è mortificato: ecco, forse si sente un po’ così anche una donna braccata alla fermata dell’autobus.
Non siamo tutti uguali, abbiamo sensibilità e vissuti differenti. La stessa parola sortisce effetti opposti su distinte persone. Una ragazza è lusingata dagli sguardi ammirati di un uomo in coda all’ufficio postale, un’altra potrebbe terrorizzarsi immaginando che sia un molestatore. I tempi dei complimenti dei playboy di Fiorella Mannoia sono cambiati, e per fortuna. Non è attenuante che sia stato sempre così. Voglio dire che un attestato dell’attrazione maschile non ha mai ucciso nessuno, ma credo sia importante non dare per scontato che a una donna si possa sempre dire di tutto. E’ un po’ come un vicino di casa che pretende che gli si dia del lei: pure se pensiamo che sia un trombone antiquato visto che ci conosciamo da vent’anni, non ci sogniamo certo di dargli del tu se lui ha deciso di non permetterlo. Perché dovrebbe essere diverso per una donna che cammina per strada?
Per far comprendere quanto le diverse situazioni abbiano un peso, parlerò di una mia esperienza. Tornata dopo anni nella mia città d’origine, mi è capitato mesi fa di essere scrutata con insistenza da un uomo per strada. Lui indossava la mascherina e non l’ho riconosciuto, io ero appena uscita da casa e stavo salendo in macchina con i miei figli minori quindi ero a viso scoperto (erano ancora i tempi in cui la mascherina all’aperto non era obbligatoria e anche adesso io non sono comunque tra quelli che la mettono pure in macchina). Quando l’ho notato, l’uomo si è avvicinato e mi ha salutata. Io continuavo a non riconoscerlo e lui mi ha dato qualche riferimento al contesto in cui, moltissimi anni fa, ci eravamo conosciuti. Si trattava di una circostanza spiacevole, seguita da una mia netta interruzione di ogni contatto. Ovviamente io ho risposto che non avevo idea di ciò di cui parlasse. Il tipo, capendo di essere importuno, ha concluso: “Va bene, mi sono sbagliato, allora non sei tu”, ed è andato via senza però smettere di guardarmi in modo divertito e allusivo, poiché gli era chiaro che fossi effettivamente io la persona che intendeva. Salita in macchina, mi sono domandata cosa spinga un uomo, nella situazione specifica che ho appena raccontato, ad imporre il ricordo di qualcosa di molesto per una donna, avvistata per caso dopo molto tempo e in compagnia di due bambini.
Non siamo tutti uguali, abbiamo sensibilità e vissuti differenti. La stessa parola sortisce effetti opposti su distinte persone. Una ragazza è lusingata dagli sguardi ammirati di un uomo in coda all’ufficio postale, un’altra potrebbe terrorizzarsi immaginando che sia un molestatore. I tempi dei complimenti dei playboy di Fiorella Mannoia sono cambiati, e per fortuna. Non è attenuante che sia stato sempre così. Voglio dire che un attestato dell’attrazione maschile non ha mai ucciso nessuno, ma credo sia importante non dare per scontato che a una donna si possa sempre dire di tutto. E’ un po’ come un vicino di casa che pretende che gli si dia del lei: pure se pensiamo che sia un trombone antiquato visto che ci conosciamo da vent’anni, non ci sogniamo certo di dargli del tu se lui ha deciso di non permetterlo. Perché dovrebbe essere diverso per una donna che cammina per strada?
Per far comprendere quanto le diverse situazioni abbiano un peso, parlerò di una mia esperienza. Tornata dopo anni nella mia città d’origine, mi è capitato mesi fa di essere scrutata con insistenza da un uomo per strada. Lui indossava la mascherina e non l’ho riconosciuto, io ero appena uscita da casa e stavo salendo in macchina con i miei figli minori quindi ero a viso scoperto (erano ancora i tempi in cui la mascherina all’aperto non era obbligatoria e anche adesso io non sono comunque tra quelli che la mettono pure in macchina). Quando l’ho notato, l’uomo si è avvicinato e mi ha salutata. Io continuavo a non riconoscerlo e lui mi ha dato qualche riferimento al contesto in cui, moltissimi anni fa, ci eravamo conosciuti. Si trattava di una circostanza spiacevole, seguita da una mia netta interruzione di ogni contatto. Ovviamente io ho risposto che non avevo idea di ciò di cui parlasse. Il tipo, capendo di essere importuno, ha concluso: “Va bene, mi sono sbagliato, allora non sei tu”, ed è andato via senza però smettere di guardarmi in modo divertito e allusivo, poiché gli era chiaro che fossi effettivamente io la persona che intendeva. Salita in macchina, mi sono domandata cosa spinga un uomo, nella situazione specifica che ho appena raccontato, ad imporre il ricordo di qualcosa di molesto per una donna, avvistata per caso dopo molto tempo e in compagnia di due bambini.
Io mi sono sentita enormemente offesa da quell’approccio. E’ stata una mancanza di rispetto verso di me e i bambini, mi è sembrato quasi che la sua volgarità avesse sfiorato anche loro. Il catcalling è qualcosa di molto vicino a quest'arrogante ostentazione di una complicità non voluta (e nel mio caso facilmente quell'uomo avrebbe dovuto capirlo prima di fermarmi). Io però sono la stessa a cui fa piacere quando un uomo mi aiuta a portare le buste della spesa o mi sorride per strada. E ho il diritto di sentirmi in un modo e nell’altro. Così come gli uomini hanno il dovere di non dare per scontato che con tutte si possa dire e fare di tutto.
Ecco, il catcalling è il simbolo degli atti e le parole che dobbiamo subire senza fare storie perché, in quanto donne, siamo naturali oggetti del desiderio sessuale e fa parte del nostro starter pack, dobbiamo impararlo presto e accettarlo. È l'esercizio di un potere rivendicato per supremazia di genere su qualcuno che deve sopportare e non ribellarsi. Non è percepito così da ogni donna, certo, ma se anche lo fosse per una soltanto, sarebbe meglio chiederselo invece di liquidare la questione al solito piagnisteo delle femministe.
Un’ultima cosa, però, voglio dirla. Mi sembra che la nostra epoca carica di informazioni, nozioni, ideologie, opinioni e militanze abbia creato una pretesa di perfezione nei rapporti umani. Sui social siamo sotto perenne giudizio, veniamo attaccati al minimo cenno di dissenso. Diciamo una parola invece di un’altra e inesorabile arriva qualcuno a condannarci e mandarci al patibolo. In un attimo diventiamo mostri, ci ritroviamo addosso tutte le colpe millenarie dell’universo e il branco ci lapida con violenza insensata.
Ecco, il catcalling è il simbolo degli atti e le parole che dobbiamo subire senza fare storie perché, in quanto donne, siamo naturali oggetti del desiderio sessuale e fa parte del nostro starter pack, dobbiamo impararlo presto e accettarlo. È l'esercizio di un potere rivendicato per supremazia di genere su qualcuno che deve sopportare e non ribellarsi. Non è percepito così da ogni donna, certo, ma se anche lo fosse per una soltanto, sarebbe meglio chiederselo invece di liquidare la questione al solito piagnisteo delle femministe.
Un’ultima cosa, però, voglio dirla. Mi sembra che la nostra epoca carica di informazioni, nozioni, ideologie, opinioni e militanze abbia creato una pretesa di perfezione nei rapporti umani. Sui social siamo sotto perenne giudizio, veniamo attaccati al minimo cenno di dissenso. Diciamo una parola invece di un’altra e inesorabile arriva qualcuno a condannarci e mandarci al patibolo. In un attimo diventiamo mostri, ci ritroviamo addosso tutte le colpe millenarie dell’universo e il branco ci lapida con violenza insensata.
Tutto questo, trasportato nella vita vera, ci ha fatto perdere spontaneità e ha steso oceani di diffidenza e solitudine tra gli individui: stiamo in trincea, impauriti di dirne una di troppo ed essere presi a pietrate o che qualcuno chiami la polizia.
Ma la perfezione non esiste, almeno non sul pianeta Terra. Se un uomo sorride a una ragazza forse vuole soltanto essere gentile, non violentarla. E il tamarro che tra i denti biascica “bellissima” forse è soltanto un gentiluomo che non ce l’ha fatta: anziché chiamare il 113 possiamo ridergli in faccia o rispondere con una parolaccia, come in un film di Verdone.
Ma la perfezione non esiste, almeno non sul pianeta Terra. Se un uomo sorride a una ragazza forse vuole soltanto essere gentile, non violentarla. E il tamarro che tra i denti biascica “bellissima” forse è soltanto un gentiluomo che non ce l’ha fatta: anziché chiamare il 113 possiamo ridergli in faccia o rispondere con una parolaccia, come in un film di Verdone.
Rilassiamoci. Restiamo umani. Non demonizziamo i rituali del corteggiamento in presenza (meno male che esistono ancora) e siamo indulgenti con chi non ci sa fare, cioè la maggior parte dei maschi – gli uomini purtroppo non sono tutti Clarke Gable, anzi spesso i veri stronzi sono seduttori dai modi impeccabili, che dietro la facciata perbene stuprano e uccidono. E’ faticoso per tutti vivere sulle barricate e l’unico effetto di questo stato d’accusa generalizzato è incattivire il buono e rendere ancora più cattivo quello che lo era già.
Quindi, se volete fare un complimento a una donna perché vi piace e volete conoscerla, tentate. Se siete corrisposti sarà bello per entrambi. Contrariamente, al due di picche sopravviverete, e state tranquilli che se non vi avvicinate come un pastore che raduna le pecore nessuna ragazza vi denuncerà né vi manderà affanculo – dell’eventuale rifiuto fatevene una ragione, quello è il momento di smettere.
Quindi, se volete fare un complimento a una donna perché vi piace e volete conoscerla, tentate. Se siete corrisposti sarà bello per entrambi. Contrariamente, al due di picche sopravviverete, e state tranquilli che se non vi avvicinate come un pastore che raduna le pecore nessuna ragazza vi denuncerà né vi manderà affanculo – dell’eventuale rifiuto fatevene una ragione, quello è il momento di smettere.
Agli altri, coloro che considerano le donne alla stregua di gattine da fischiare, è doveroso far capire che non è consentito, mai. E’ doveroso per le ragazze di ieri e per le loro figlie, donne di domani, perché non venga assolto neanche come mera ipotesi. Lo ha detto, molto meglio di me, Gandhi: “Non permetterò a nessuno di passeggiare nella mia mente con i piedi sporchi”.
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