Robertina Manganaro, nuove questioni di stile






La mia intervista a Robertina Manganaro è stata pubblicata sul Quotidiano del Sud. La foto in bianco e nero del post è di Giovanni Gastel


Cercare sempre la bellezza, nelle cose, nelle persone, in un paesaggio. Ma per Robertina Manganaro non è un manifesto di snobismo, anzi. L’eleganza non è questione di casate e redditi, e la stilista orgogliosamente nativa di Melito, cresciuta respirando l’aria odorosa di sale del mar Jonio, a dispetto del titolo nobiliare di contessa, pratica la difficile virtù della coerenza senza farsi abbagliare da luci farlocche. Golosa di vita e socialità, capace di sedere allo stesso tavolo di un maestro come Giorgio Armani e di un artista squattrinato, per Robertina l’unico limite è la volgarità. I cafoni la bionda stilista li banna spietatamente, dai social e dalla vita. Donna per scelta e volontà, non ha mai avuto paura dello scandalo – né di quelli che la videro divertita protagonista, né di quelli altrui. In vent’anni appena celebrati di attività con il marchio che porta il suo nome, Robertina è pure una fonte di gossip che Dagospia lèvate, ma lei è una signora e al pettegolezzo non cede. Soprattutto, a molti vip è legata da amicizie vere e i segreti degli amici non si svelano.

Il 2020 è stato il ventesimo compleanno della tua maison ma il Covid ha rovinato la festa. Con l’epidemia, il settore moda ha registrato una perdita del fatturato cinque volte maggiore di quello dell'industria.

«Quest'ultimo anno è stato molto difficile. Le mie creazioni sono rivolte a clienti che vivono in ogni parte del mondo e con le quali non ho soltanto un semplice rapporto di lavoro - sarebbe più giusto dire di complicità. Chi crea un abito su misura deve considerare non solo le proporzioni fisiche ma anche conoscere a fondo la cliente, il suo modo di essere, le abitudini, i desideri. Abbiamo una vera e propria missione: far sentire appagata e felice chi indossa un abito, esaltando la fisicità e lo spirito, l’essere donna nella sua interezza. L'epidemia ha minacciato quello che ho costruito faticosamente in tutti questi anni. Le limitazioni negli spostamenti, la costante paura del contagio, il divieto di feste e la chiusura dei ristoranti, la privazione di occasioni di socialità… tutto ciò ha avuto ripercussioni sul mio lavoro. In alcuni momenti sono stata seriamente in crisi e ho pensato di mollare tutto, ricominciare daccapo e in modo diverso. Poi ho riflettuto, ho fatto di necessità virtù. Accanto alle collezioni haute couture per eventi ho iniziato a disegnare abiti per le donne che vogliono sentirsi belle sempre, anche in una situazione come l'epidemia. Il mio compito dovrà essere aiutare a costruire la bellezza, laddove il virus la nega. Io sono stilista e ho strumenti per fare sentire bene una donna con se stessa. Così ho ripensato il mio lavoro adeguandolo al difficile periodo che stiamo vivendo, una scelta di cui sono certa che non mi pentirò»


 

Quando hai iniziato erano gli anni d’oro della moda, glamour puro. E tu eri una giovane creativa ambiziosa e di talento.

«Tutto è iniziato quasi venticinque anni fa con l’istituto Marangoni di Milano, dove studiavo moda e design. Dopo la specializzazione ho fatto il classico giro degli uffici degli stilisti in Italia e in Francia collaborando con grandi maestri – le quattro collezioni come assistente di Yves Saint Laurent sono per me indimenticabili, ho imparato moltissimo. Ma mi sono resa conto subito che volevo esprimere me stessa e avere una maison mia. La prima sfilata del brand Robertina Manganaro è stata in piazza San Carlo a Milano, nel 1999, proprio in questo periodo dell’anno e infatti fu un omaggio alla primavera, con tante farfalle e abiti leggerissimi in mussola di seta. Ho aperto la mia boutique in via Cerva, su due piani, bellissima, poi anche lo showroom in via Gesù. L’atelier di Parigi è stato la consacrazione del mio sogno».

Hai vestito dive e donne di potere, conosciuto vizi e virtù dei molti personaggi. Fammi il nome di una vera signora e di una star insopportabile.


«Ho vestito per anni la meravigliosa Catherine Deneuve, donna di grande classe. Capitava di andare insieme a prendere un aperitivo o a cenare. Ricordo una sera a cena in un ristorante a Saint Germain, eravamo in compagnia di un signore molto influente della moda. Al momento del conto io istintivamente presi la borsetta per pagare ma lei mi fermò con queste parole: “Una signora non deve mai tirare fuori il portafoglio se al suo tavolo c’è un uomo”. Con lei, ma pure con Claudia Cardinale, quante sigarette fumate insieme! La più antipatica che ho conosciuto è invece un’insospettabile, una regina della televisione molto popolare, dal caschetto biondo… Ho vestito moltissime donne della politica, l’ultima è stata Serenella Cappello, la moglie di Mario Draghi. Le avevo fatto un tubino blu abbinato a una mantellina ma non credevo che lo avrebbe indossato per la cerimonia di insediamento del premier, vederlo è stata una grande emozione. Con Daniela Santanché eravamo abbastanza amiche, prima di entrare in politica ha curato pure la comunicazione della mia maison. Abbiamo litigato per una divergenza… su una camicetta. Quel giorno eravamo tutte e due isteriche, ce ne siamo dette tante e da allora ci siamo allontanate».

Uno dei testimoni delle tue nozze con l’amatissimo marito Ninni è stato Vittorio Feltri. Uno che è antipatico a tutti e dice e scrive roba al limite dell’offensivo…

«Con le persone a cui voglio bene ho una debolezza, non riesco a vederne il male, non so, forse non sono obiettiva. Nel caso di Vittorio però ti assicuro che è un buono. Provocatore per carattere, ribelle, deve andare per forza controcorrente, è fatto così. E’ uno con cui potresti stare a discutere per una sciocchezza, magari perché lo hai criticato per una giacca. Ma è generosissimo, a me lo ha dimostrato in tanti modi».

Le sfilate della tua casa di moda hanno ospitato le regali top model rimaste nella storia, le ultime divine poi soppiantate dalle meteore di oggi, venute dalla tv e Youtube. Che ricordo hai di Claudia Schiffer e compagne?

«Claudia, Naomi Campbell, Nadege, Eva Herzigova, Yasmeen Ghauri… ho avuto in passerella le migliori, tutte. Era il loro momento ma erano donne sensibili, solari, prive di ogni malizia, un genere di dive naturali oggi estinte. Vedo modelle bellissime ma a ricambio continuo. Non durano, non lasciano il segno».

Hai spesso parlato del coraggio che ti ha permesso di diventare la donna che già eri. Ricordo un tuo bel post in cui scrivevi che “essere donna è un dono della natura, nel mio caso un bellissimo regalo che mi sono fatta”. Da sempre le donne devono lottare per affermarsi e hanno vinto battaglie epocali. Ma restano bersagli di odio e sessismo accanito.

«La vita è fatta di scelte, io ne sono la prova vivente. Ho dovuto scegliere di stare bene con me stessa, pur conoscendo le conseguenze a cui sarei andata incontro in un momento storico in cui parlare di certi argomenti era tabù. Ho scelto, ho lottato e sono soddisfatta dei risultati raggiunti, anche se non dimentico i sacrifici fatti… sarebbe impossibile! Forse è anche per questo che non riesco a non indignarmi ogni qualvolta venga fatto un torto a qualcuno e sia calpestata la dignità umana attraverso l'offesa verbale o con atti che ledono l'incolumità fisica. Certo la società in cui viviamo oggi può definirsi più "aperta" – disponibile al dialogo sulle tematiche più disparate. Ecco, abbiamo imparato a confrontarci ma continuiamo a ignorare i presupposti su cui la comunicazione si fonda. Ad esempio, i social hanno contribuito a dare voce a chi non ne aveva, ma hanno anche esasperato i toni. E poi, purtroppo, quello che si legge lì ha ripercussioni nella vita reale. Non ho potuto fare a meno di esternare solidarietà a Giorgia Meloni per gli insulti sessisti di cui è stata fatta oggetto. Indipendentemente dalle sue idee politiche, non si può non indignarsi di fronte a quegli epiteti. Bisogna ritrovare il rispetto e condannare ogni tipo di arroganza e aggressione, sostenendo chiunque ne sia vittima».

Solare, innamorata del bello e circondata da amici, sempre con la valigia in mano. Ti fa più paura il virus o questa vita a metà?

«Questa situazione per me è insopportabile, non è vera vita, non siamo fatti per stare senza contatti umani, senza musica e allegria. Io sono cittadina del mondo ma quando voglio "ricaricare le batterie" corro a rifugiarmi nella mia Calabria e ho trascorso qui il primo lockdown: nonostante il periodo difficilissimo ho visto grande abnegazione e senso del rispetto delle regole imposte dal Governo. Noi calabresi abbiamo la resilienza nel nostro dna, questa terra ha qualcosa di mistico e unico. Sarà la storia, o il clima caldo, il sole che ti accarezza per tutto l'anno, il profumo del mare... forse è un mix di queste cose a ritemprarmi l'animo e questo mi ha aiutata anche in questo periodo durissimo per me. Io mi sento una sopravvissuta e vorrei dire che se ho resistito e sono ancora qui lo devo alle amiche che sento al telefono e in videochiamata ogni giorno. In particolare Luisella e Annalisa, che non mi hanno mai abbandonata. Come tutti i creativi io sono una mina vagante, sempre sul punto di scoppiare. Sarò per sempre grata alle mie amiche, che mi ascoltano e sanno darmi solidità quando barcollo… loro sono il mio equilibrio».

 


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