Ilda, Falcone e l'eterna diatriba tra mogli e amanti



Faccio una premessa: non mi scandalizza che Ilda Boccassini abbia raccontato dell’amore per Falcone in un' autobiografia. La vita è la sua ed ha il diritto di parlarne – così come lo hanno i tanti romanzieri che hanno perso amici e litigato con i parenti per aver preso spunti da vicende vere per le loro narrazioni (sul tema Woody Allen ha fatto un film sulfureo, “Harry a pezzi”). 
Il problema, dunque, non è questo e poco importa se quella rivelazione – e soprattutto il risalto dato a questo passaggio di un libro che tratta di molto altro – sia stata costruita a tavolino per fini pubblicitari. Dico subito che non mi è piaciuto quello che ha scritto la rossa magistrata (a proposito, colore non naturale, un’altra delle sconvolgenti scoperte contenute nel libro), intanto proprio per come è stato scritto. Insomma, non tutti sono Catherine Hardwick o Emmanuel Carrere – in certi casi lo snobismo letterario ci sta tutto. C’è chi può e chi non può: quella dichiarazione amorosa di Ilda per il collega, dall’attrazione folgorante (“era un fusto”) alla condivisione della musica di Gianna Nannini tipo teenager in gita, ha lo stile della vanteria di una groupie per la conquista dell’idolo. Insomma, gli editor avrebbero potuto suggerirle un modo più consono, meno da romanzetto.
 
Per rispetto alla figura di Falcone? No, non è neanche questo. Al di là del suo valore come giudice e della tragica fine che lo ha consegnato all’Olimpo degli eroi, Giovanni Falcone fu un uomo e in amore gli uomini e le donne sono così. Banali, stucchevoli, un po’ ridicoli. Ecco, qual è il problema, dunque? Per me Boccassini non avrebbe dovuto mettere in piazza (mi dispiace, ma è proprio questo che ha fatto) l’intimità di un amore custodito per tanti anni, intanto, perché l’impressione è quella di rivelare un segreto a lei affidato con fiducia. E in questo caso nessuno potrà esercitare la sua facoltà di rettifica. Qualche anno fa ricordo una querelle attorno alla fiction Rai su Martini. Ivano Fossati, grande amore dell’artista calabrese, negò il consenso ad essere citato nel biopic televisivo e per raccontare quella relazione cruciale nella vita di Mimì gli autori furono costretti ad inventare il personaggio di un improbabile fotografo narcisista. Tutti diedero addosso a Fossati, accusandolo di voler cancellare il ricordo della ex compagna, forse per invidia. Io invece quella scelta la capisco. Comprendo la volontà di mantenere oggi il silenzio (Martini ne aveva già parlato molte volte) perché la circostanza della fine drammatica della cantante avrebbe prestato il fianco ad elucubrazioni malevole e saccheggi gossipari che probabilmente Fossati non se la sentiva di affrontare – non lui da solo. Probabilmente ne soffriva anche, a riaprire quella ferita, essendo stato spesso sospettato correo della depressione di Mimì.
 
Trovo un punto di contatto tra quella vicenda e l’outing di Ilda Boccassini, ed è l’illazione di una colpa offerta alla voracità del pubblico. La giudice si domanda infatti cosa sarebbe accaduto se le bombe di Capaci non fossero esplose – se lo domanda, ovviamente, perché non lo sapremo mai. Lasciando credere (il senso è quello) che forse Falcone avrebbe lasciato la moglie vivendo alla luce del sole il legame con lei. Certo, avrebbe potuto essere. Ma se non fosse così, nessuno può ormai intervenire per smentirla. Per dire, magari, che invece si trattava di un fuoco passeggero, di una sbandata. Detto da uno come lui, però, sembra blasfemo, e allora apriti cielo: sui social le supporter di Ilda si scatenano dichiarandosi commosse dalla sua dolce confessione. Falcone non può essere il solito stronzo che si porta a letto la collega e poi torna a casa dalla moglie, no, deve per forza averla amata! E’ questa, in realtà, l’unica agiografia di tutta la polemica.
 
A me, però, interessa il punto di vista femminile. Non che Ilda possa (assurdo, dài) profanare la reputazione di Giovanni Falcone, ma che le sue parole abbiamo scoperchiato la pentola sobbollente delle fazioni tra donne. Credo non sia casuale l’infervorarsi di due partiti netti e separati, le mogli tradite e le amanti. Da giorni tra queste trincee si scagliano commenti rabbiosi, astio e aggressioni virtuali. Da una parte quelle che hanno subito un tradimento e disprezzano Boccassini evocando il rispetto postumo dell’onorabilità di Francesca Morvillo (un’altra vittima, ricordiamolo, costretta a rimanere silenziata nel dibattito); dall’altra quelle che hanno alle spalle o in corso lunghe carriere da amanti e nel racconto di Ilda vedono una riabilitazione, una rivalsa incontestabile (per mancanza di contraddittorio, va detto) e persino la possibilità di una fiaba: adesso che lui non c’è più, possiamo illuderci di vederlo dietro una sliding door mentre fa le valigie e suona al nostro campanello con un mazzo di fiori e una promessa di futuro.
 
E’ questo il vero agone, l'eterna diatriba. Tra i due eserciti volano stracci e ban. Odio a pacchi, se non ci fosse la tastiera si verrebbe facilmente alle mani. Ed è triste, molto. Ancora una volta la sorellanza va a farsi friggere quando in palio c’è l’attenzione maschile – anche solo evocare l’appartenenza (per scelta o disgrazia) a una delle categorie della più infima dicotomia sessista (moglie-amante) determina una furiosa rivendicazione. Parteggiare o meno per Ilda significa sostenere una tesi. Non se sia giusto rendere pubblica una vicenda che coinvolge qualcuno che non può più chiedere legittima privacy, ma mi disturba molto questo continuare a mettere sul banco degli imputati due ruoli femminili (vecchi come il cucco ma endemicamente radicati nella società) e lottare per l’assoluzione dell’uno o dell’altra. Dichiariamo un’evidente sconfitta: siamo o siamo state quasi tutte mogli o amanti di qualcuno, tradite o corresponsabili del tradimento. Da sempre vegetiamo imbalsamate in una di queste due caselle senza riuscire a liberarci. Non è tanto la situazione, che capita a uomini e donne. E’ che quando capita alle donne, lo schema è questo: l’uomo al centro e le due contendenti a litigare per il trofeo. Facciamoci caso, a parti invertite non accade ed è tutto molto più lineare: un tradimento, punto. Nessuna contesa, al massimo (tanto per cambiare) la moglie fedifraga è una puttana e in quel caso l’amante si è messo in mezzo ma è soltanto un innocuo puttaniere. Era lei a dover osservare il patto di fedeltà, la colpa è sua.
 
Così, nell’analisi dell’affaire Boccassini-Falcone, le amanti immolate da infinite umiliazioni ci tengono a far sapere di essere loro quelle amate (al cuor non si comanda, voi non potrete mai capite); le mogli replicano brandendo come uno scettro la superiorità del rapporto ufficiale (se volesse lei andrebbe via, invece ogni notte dorme con me).
 
Personalmente non m’interessa attribuire lettere scarlatte o dividere i buoni dai cattivi. Sono affari loro e per questo ritengo che Boccassini abbia sbagliato a raccontarceli. C’è infine un altro risvolto della discussione, che trovo insopportabile. Ci sono quelli (e soprattutto quelle) che gridano al bigottismo se si osa dire che, sì, Boccassini e Falcone si comportarono male. Lui impegnato e lei consapevole dello stato coniugale di lui. Che poi l’amore sia un uccello indomabile, come cantava Carmen, è altro conto. Certo che è così. E nessuno può essere crocifisso perché ha smesso di amare qualcuno e si è innamorato di qualcun altro. Ciò non toglie che tenere il piede in due staffe sia disonesto e generi dolore più di una cruda verità. Quella che allora non scelsero Ilda e Giovanni. Dirlo senza ipocrisie non significa essere puritani.
Per me è un bastione antico: non mi scandalizzo di nulla ma non ditemi che tutto si può fare impunemente; non ditemi che se non credo che i partouze consenzienti siano amore significa che sono rimasta al Medioevo. Ecco, nel caso Boccassini c’è stato pure questo, la solita questione del femminismo puro e duro. Non sei femminista se dici che una moglie tradita ha l’umanissimo diritto di odiare, insieme al marito che l’ha lasciata, pure la donna che glielo ha portato via. Non sei femminista se dici che il mondo è pieno di uomini e tu a uno sposato – finché Cupido non ti trafigge con una delle sue frecce – per puro piacere non ti ci avvicini. Ma quanto di femminista c’è davvero in una donna che come Ilda si accontenta di una notte fugace fatta di casti abbracci, sapendo che il resto appartiene a un’altra e che l’amato non pensa di porre rimedio? I retaggi maschilisti si annidano nelle situazioni più insospettabili. Chi è senza peccato scagli la prima pietra.
 
Infine, una cosa importante. Poiché Boccassini dice e non dice, lascia capire ma non conferma, in molte hanno osservato che il loro coinvolgimento affettivo fu platonico. E che se non c’è sesso non c’è colpa. Non è così. Siamo davvero ancora fermi all’età della pietra se pensiamo che il tradimento sia solo fisico. Ci sono amori mai consumati più forti del tempo e dello spazio, capaci di stravolgere vite e distruggere chi li subisce, ben più di una scappatella sessuale. Oliver Wendell Holmes diceva che “non c’è amore più vero di quello che muore non rivelato”. Ilda la rossa forse non lo sa.

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