L'estate è finita, i libri per fortuna no
Riposto un collage delle mie recensioni pubblicate nelle scorse settimane sul Quotidiano del Sud nella rubrica dell'Inserto Estate dedicata ai libri
Come la protagonista racconta in un diario di crescente suspence, le ragazzine sono bellissime e intelligenti ma si rivelano depositarie di un inquietante segreto, mutando da vittime a diaboliche attrici dei fatti. Famiglie costruite sulla menzogna, presenze soprannaturali e possessioni malefiche attraversano la storia indagando un tema caro a Cotroneo, lo scontro tra Bene e Male. Un romanzo di genere, dunque, ma che vuole instillare una domanda primordiale dell’esistenza: chi sono e cosa vogliono “loro”? E si può anche scoprire con angoscia che il pronome non è riferito agli altri (come nel bellissimo film “The Others” di Amenabar) ma riguarda noi stessi. Da leggere di notte al buio, per rinfrescare l’afa con una buona dose di brividi.
Un personaggio vero che somiglia all’eroina di un romanzo. “Piccole luci nell’universo”, edito in Italia da Longanesi, è l’appassionante biografia di Sara Seager, astrofisica statunitense che dirige lo Starshade Project, programma della Nasa finalizzato ad indagare le forme di vita nello spazio. Canadese, ideatrice di un’equazione che porta il suo nome e serve ad individuare esopianeti abitabili, il Times l’ha incoronata donna di grande autorevolezza nell’ambiente (maschilista) degli scienziati del cosmo, prevedendo che sarà la futura madrina di una nuova Terra. In questo memoriale, però, oltre a raccontare le sue esperienze di “cacciatrice” spaziale - Seager ripercorre la propria vicenda personale, caratterizzata da un disturbo dello spettro autistico scoperto in età adulta. Con la certezza di questa diagnosi, Sara finalmente comprende l’origine dei cortocircuiti e le disfunzioni che aveva sempre tentato di correggere, senza riuscirci.
Un personaggio vero che somiglia all’eroina di un romanzo. “Piccole luci nell’universo”, edito in Italia da Longanesi, è l’appassionante biografia di Sara Seager, astrofisica statunitense che dirige lo Starshade Project, programma della Nasa finalizzato ad indagare le forme di vita nello spazio. Canadese, ideatrice di un’equazione che porta il suo nome e serve ad individuare esopianeti abitabili, il Times l’ha incoronata donna di grande autorevolezza nell’ambiente (maschilista) degli scienziati del cosmo, prevedendo che sarà la futura madrina di una nuova Terra. In questo memoriale, però, oltre a raccontare le sue esperienze di “cacciatrice” spaziale - Seager ripercorre la propria vicenda personale, caratterizzata da un disturbo dello spettro autistico scoperto in età adulta. Con la certezza di questa diagnosi, Sara finalmente comprende l’origine dei cortocircuiti e le disfunzioni che aveva sempre tentato di correggere, senza riuscirci.
Sfidando il pregiudizio dell’anaffettività neurologica degli autistici, si sposa e diventa madre, ma il destino le mostra il suo volto più crudele quando il marito muore, riaprendo dentro di lei quel buco nero di separazione dal mondo che l’amore aveva colmato. La salverà la passione per la conoscenza scientifica e l’ambizioso sogno di trovare vita nell’universo al di là del sistema solare. Cercando, in quelle piccole luci lontanissime, la prova che fuori da questo mondo non siamo soli e che l’animo umano ha la stessa immensità dello spazio.
Chi è nella fascia anagrafica degli “anta” ricorda bene il nome di Gianni Ansaldi. Si chiama così l’attore (e anche il personaggio) di “Sapore di mare”, dove l’artista genovese interpretava l’occhialuto giovane intellettuale fidanzato con Isabella Ferrari ma attratto dalla milf Virna Lisi. Nel cultissimo finale del film, anni dopo, Gianni diventava giornalista, mentre il vero Ansaldi, oggi 62enne e apprezzato fotografo, adesso esordisce nella scrittura. Nel romanzo “Noncestoria”, edito da Il Canneto, ci sono due uomini (ma forse è il doppelganger della stessa persona) che vivono su piani temporali paralleli ma sono accomunati da uno stato alterato della coscienza: uno non discerne la realtà perché prigioniero di eventi passati che identifica come esistenze diverse; l’altro è invece intrappolato in un presente confuso dalla chimica dei farmaci. La narrazione procede a due voci in un’atmosfera onirica, fino a quando, attraverso un ponte quantico, i protagonisti della vicenda si incontrano. Con esito fatale per uno dei due.
Chi è nella fascia anagrafica degli “anta” ricorda bene il nome di Gianni Ansaldi. Si chiama così l’attore (e anche il personaggio) di “Sapore di mare”, dove l’artista genovese interpretava l’occhialuto giovane intellettuale fidanzato con Isabella Ferrari ma attratto dalla milf Virna Lisi. Nel cultissimo finale del film, anni dopo, Gianni diventava giornalista, mentre il vero Ansaldi, oggi 62enne e apprezzato fotografo, adesso esordisce nella scrittura. Nel romanzo “Noncestoria”, edito da Il Canneto, ci sono due uomini (ma forse è il doppelganger della stessa persona) che vivono su piani temporali paralleli ma sono accomunati da uno stato alterato della coscienza: uno non discerne la realtà perché prigioniero di eventi passati che identifica come esistenze diverse; l’altro è invece intrappolato in un presente confuso dalla chimica dei farmaci. La narrazione procede a due voci in un’atmosfera onirica, fino a quando, attraverso un ponte quantico, i protagonisti della vicenda si incontrano. Con esito fatale per uno dei due.
L’epilogo voluto da Ansaldi è cinematografico e s’ispira ai colpi di scena del maestro Hitchcock, ma, come suggerisce il titolo, potrebbe non esistere una conclusione e forse neanche una storia. Tra giallo e distopico, il romanzo è un viaggio nella mente umana e racconta quel confine dell’inconscio tra verità e sogno, che resta indistinto e segreto. Insomma, proprio il genere di libro che avrebbe scritto il cervellotico Gianni del film di Carlo Vanzina.
Gli ingredienti c’erano tutti e infatti “Finché il caffè è caldo” dello scrittore giapponese Toshikazu Kawaguchi (Garzanti) è diventato in pochi mesi caso editoriale internazionale. Il libro punta sulla seduzione delle atmosfere d’Oriente rivisitate però nello stile più comprensibile al pubblico occidentale. Insomma, il lato soft della cultura nipponica, che in questa storia ruota attorno a un’antichissima caffetteria che da cent’anni è luogo di confidenze, amori e sospiri degli avventori. Ma la particolarità del pittoresco bistrot è un prodigio tramandato da affascinanti leggende: semplicemente bevendo un caffè a quei tavolini sarà possibile cambiare un momento della propria vita, tornando nel passato sotto forma di fantasma. Ad esempio, ritrovare un affetto perduto o evitare un errore fatale o una parola che sarebbe stato meglio non pronunciare.
Gli ingredienti c’erano tutti e infatti “Finché il caffè è caldo” dello scrittore giapponese Toshikazu Kawaguchi (Garzanti) è diventato in pochi mesi caso editoriale internazionale. Il libro punta sulla seduzione delle atmosfere d’Oriente rivisitate però nello stile più comprensibile al pubblico occidentale. Insomma, il lato soft della cultura nipponica, che in questa storia ruota attorno a un’antichissima caffetteria che da cent’anni è luogo di confidenze, amori e sospiri degli avventori. Ma la particolarità del pittoresco bistrot è un prodigio tramandato da affascinanti leggende: semplicemente bevendo un caffè a quei tavolini sarà possibile cambiare un momento della propria vita, tornando nel passato sotto forma di fantasma. Ad esempio, ritrovare un affetto perduto o evitare un errore fatale o una parola che sarebbe stato meglio non pronunciare.
Perché la magia si compia bisogna però finire il caffè prima che si raffreddi – missione non proprio impossibile e comunque valida a rischiare una banale scottatura della lingua se in palio c’è il divino potere di cambiare gli eventi. Ma cosa accadrà dopo quella provvidenziale correzione? Davanti alla tazzina fumante, i giocatori del destino si accorgeranno che anche così la felicità non è un obiettivo garantito, né a costo zero. Tanto che alcuni, sopraffatti dalla paura, rinunceranno a tentare la sorte, perché il miracoloso flashback li riporterebbe dentro giorni dolorosi, che nessuno desidera rivivere. L’eterno dilemma tra nostalgia e pienezza del presente attraversa questo romanzo delizioso e scritto con penna leggera. Leggetelo soltanto se non vi dispiace essere travolti da un love bombing di saggezza e serenità orientale.
Potremmo definirla la Bridget Jones dei millennial. Jessica Calì è uno degli admin delle seguitissime pagine Fb e Instagram “Ed è subito ex”, che raccolgono con lapidari riassunti in post gli epiloghi tragicomici di storie sentimentali da incubo. Calì è emersa dal terzetto composto insieme al fondatore Enrico Mauro e Giada Gidari, tanto da guadagnare una sua pagina personale (@edèsubitojess). E adesso quelle bacheche social sono diventate un libro, “Alla fiera dell’ex” (Mondadori). Per chi non conoscesse il trend, il sottotitolo è illuminante: “Se l’hai sfanculato ci sarà un perché”. Sulla copertina campeggia un tendone da circo e infatti freaks e casi umani abbondano. C’è il fidanzato fedifrago che appende uno striscione di straziante pentimento sotto casa della ragazza che lo ha defenestrato ma cade e si sfracella. O la tipa che dopo aver lasciato il ragazzo nascondendo il rimpiazzo sbaglia chat e scrive a lui invece che al nuovo innamorato. Carognate dove i fetentoni sono equamente maschi e femmine all’insegna della parità di stronzaggine e le vicende sembrano fiction e invece sono tutte verissime, anche quelle più paradossali.
Insomma nei rapporti umani al peggio non c’è limite. Coautori del libro – come già delle pagine social – sono i follower che inviano i racconti delle loro esperienze: lette così fanno ridere ma nella vita reale non erano tanto divertenti. La missione di questa galleria di fallimenti è proprio questa: asciugare le lacrime e reagire con l’ironia. Soprattutto, precisa Calì, come memento dei motivi per cui un amante è diventato ex e tale deve restare senza ripensamenti pericolosi, liberandoci dal male.
La si odia o la si ama, Valerie Perrin. Per molti la scrittrice e sceneggiatrice francese compagna di Claude Lelouch è un fenomeno pseudo-letterario costruito a tavolino e la sua narrazione melensa e noiosa, ma il suo best seller “Cambiare l’acqua ai fiori” intanto veleggia in Italia verso la sua ventesima edizione e proprio nel nostro paese diventerà una serie tv prodotta da Carlo degli Esposti di Palomar. Adesso in libreria Perrin vuole bissarne il successo “Tre” (E/O), un’altra storia ultrasentimentale su amore e amicizia. Se nel precedente romanzo l’amo per i romantici era il suggestivo mestiere della protagonista, custode in un piccolo cimitero, stavolta il “locus amenus” è un rifugio per animali abbandonati. In questo libro ce ne sono tanti e i cani fanno da collante, sempre nella natia Borgogna dell’autrice, alle vicende di tre amici – Nina, Etienne e Adrien – dagli anni Ottanta al 2017 (quasi oggi, dunque ma appena in tempo per sfuggire all’opprimente ambientazione degli anni del Covid).
La si odia o la si ama, Valerie Perrin. Per molti la scrittrice e sceneggiatrice francese compagna di Claude Lelouch è un fenomeno pseudo-letterario costruito a tavolino e la sua narrazione melensa e noiosa, ma il suo best seller “Cambiare l’acqua ai fiori” intanto veleggia in Italia verso la sua ventesima edizione e proprio nel nostro paese diventerà una serie tv prodotta da Carlo degli Esposti di Palomar. Adesso in libreria Perrin vuole bissarne il successo “Tre” (E/O), un’altra storia ultrasentimentale su amore e amicizia. Se nel precedente romanzo l’amo per i romantici era il suggestivo mestiere della protagonista, custode in un piccolo cimitero, stavolta il “locus amenus” è un rifugio per animali abbandonati. In questo libro ce ne sono tanti e i cani fanno da collante, sempre nella natia Borgogna dell’autrice, alle vicende di tre amici – Nina, Etienne e Adrien – dagli anni Ottanta al 2017 (quasi oggi, dunque ma appena in tempo per sfuggire all’opprimente ambientazione degli anni del Covid).
Una storia classica di formazione con in più un messaggio di militanza ecologica: Perrin è madrina di un canile e collabora con la fondazione animalista di Brigitte Bardot. Molto francesi le citazioni del libro, dalla musica ai film, tra cui il cultissimo “Manon delle sorgenti” di Claude Berri con Emmanuelle Beart giovane e incontaminata almeno quanto i paesaggi della pellicola. A raccontare la storia dei tre amici nel romanzo è una giornalista, affascinata dal loro legame sin dall’infanzia e voce narrante dei dolori, crudeli e necessari, che la vita infligge alla giovinezza.
Gli alieni non atterrano soltanto nei campi di grano e forse potrebbero visitare le coste calabresi. Qui infatti si ambienta il thriller “Il tempo del diavolo” di Glenn Cooper (Nord edizioni), dove la misteriosa scomparsa di una famiglia americana in vacanza nella località di Filarete (nome ispirato all’omonimo scultore quattrocentesco) è l’incipit di una trama intricata e ad alto tasso di suspence. Il best seller Cooper, archeologo e medico, anche stavolta si diverte a giocare con i generi spaziando dal noir alla fantascienza. Jesper ed Elena Andreason con le loro gemelle hanno deciso di trascorrere l’estate in Calabria (terra di cui è originaria la donna) nella magnifica “Villa del mare” appena ristrutturata. Ma pochi giorni dopo il loro arrivo spariscono e le ricerche non danno esito. Quattro anni dopo, nella stessa casa riappaiono le sole bambine, raccontando di essere state su un’astronave e di non ricordare altro. Ulteriore stranezza è che le gemelle non sono cresciute e sono malate di una rara forma di leucemia.
Gli alieni non atterrano soltanto nei campi di grano e forse potrebbero visitare le coste calabresi. Qui infatti si ambienta il thriller “Il tempo del diavolo” di Glenn Cooper (Nord edizioni), dove la misteriosa scomparsa di una famiglia americana in vacanza nella località di Filarete (nome ispirato all’omonimo scultore quattrocentesco) è l’incipit di una trama intricata e ad alto tasso di suspence. Il best seller Cooper, archeologo e medico, anche stavolta si diverte a giocare con i generi spaziando dal noir alla fantascienza. Jesper ed Elena Andreason con le loro gemelle hanno deciso di trascorrere l’estate in Calabria (terra di cui è originaria la donna) nella magnifica “Villa del mare” appena ristrutturata. Ma pochi giorni dopo il loro arrivo spariscono e le ricerche non danno esito. Quattro anni dopo, nella stessa casa riappaiono le sole bambine, raccontando di essere state su un’astronave e di non ricordare altro. Ulteriore stranezza è che le gemelle non sono cresciute e sono malate di una rara forma di leucemia.
In un intreccio tra giallo e paranormale la storia fa il pieno di colpi di scena, senza trascurare la psicologia dei personaggi (compresi quelli calabri, tra cui l’immancabile detective, che in questo caso è un maggiore dei carabinieri, il reggino Roberto Lumaga). Perdonando al professor Cooper qualche svarione geografico, il nostro impetuoso paesaggio marino è parte integrante del racconto, dove fa capolino anche la ‘ndrangheta - per una volta meno pericolosa di un certo Signore del male a cui pure la criminalità fa una bella concorrenza.
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