Licorice Pizza


Sono tra i pochi a non aver adorato “Licorice pizza”, nonostante sia oggettivamente un film bello e fatto benissimo. Il mio problema credo sia aver subito captato come questo osannatissimo di Paul Thomas Anderson (regista che mi piace molto, preciso) non sia una storia per giovani, come si potrebbe pensare in superficie, e neanche per quelli della mia generazione. Non ha un target, insomma – e questo indubbiamente è un merito. Ma a complicare le cose aggiungo che non è neanche un’opera universale – che significherebbe la fine di ogni pretenziosa elucubrazione, il grande obiettivo dell’arte capace, per citare un fulgido esempio, di far versare fiumi di lacrime un eterosessuale cis nella scena di “Tutto su mio madre” dove una trans paludata con parruccona, tacchi a spillo e trucco volgare, piange su una tomba.
Ecco, questa sublime empatia (narrare una situazione molto specifica e persino atipica riuscendo a rappresentare l’umanità nella sua interezza e abbattendo steccati di genere, anagrafe e geografia) “Licorice pizza” secondo me non la possiede. Un film per boomer, sicuramente. E americano e deliziosamente vintage (si svolge negli psichedelici anni Settanta). Quindi chi va pazzo per quelle atmosfere lo amerà.
Ci sono memorabilia da sballo: i juke box colorati e le automobili iconiche, le minigonne e i tacchi squadrati, tanti capelli, tanta bellezza – compresa quella piena di tenere imperfezioni ma splendente di gioventù dei due protagonisti Alana Haim e Cooper Hoffman. C’è una colonna sonora pazzesca con un cammeo di Tom Waits (il suo sfrenato Rex Blau è ispirato a Sam Peckinpah), e poi brani di Paul McCartney, David Bowie, Nina Simone, Sonny e Cher nella rielaborazione originale di Jonny Greenwood degli Radiohead: la musica, tra l’altro, in questo film è suprema musa già dal titolo, omaggio a una celebre catena di negozi di dischi di Los Angeles e espressione gergale che indica i lp, neri e lucidi come la liquirizia e rotondi come una pizza.
Ancora, ci sono citazioni hollywoodiane fighissime e divertenti, dalla tirannica Lucille Dolittle (cioè Ball) che sbrocca sul set di “Appuntamento sotto il letto”, dove dovrebbe essere un’angelica supermamma; Sean Penn nei panni del divo Jack Holden ma ormai stagionato e un po’ rinco e uno spassoso Bradley Cooper che fa il produttore Jon Peters, macho allucinato e completamente fuori di testa. E poi, dopo aver visto questo film, vi sembrerà di notare insegne di materassi ad acqua spuntate come funghi in giro per la città.
Ma non basta per colpire al cuore e andare al di là del gioiello per nostalgici. Eppure è strano, perché si tratta di un racconto d’amore e con tutti i crismi dell’assolutezza: Alana e Gary sono carini, giovani e hanno fiducia nel futuro. Sono sicuri di quello che sentono: parliamo di amore tout court (quante altre volte scriverò questa parola in queste poche righe? Non si può evitare), non di amicizia che però, poi, ecco. Sa con esattezza che è amore persino la resistente tra i due, Alana bloccata dal pregiudizio sui dieci anni in meno del giovanotto, lontano dal suo ideale oggetto d'attrazione (amante esperto e possibilmente uomo famoso e utile a far diventare famosa anche lei). 
Chi è (o è stato) innamorato non può non riconoscere quegli sguardi, la tensione erotica dell’età acerba, la paura e il desiderio. Cose uguali a ogni età (l’amore, si sa, rincretinisce e fa tornare fanciulli).
Però è anche vero che le modalità dell’amore sono molto cambiate. Forse gli adulti di oggi ricorderanno di essere stati quel ragazzo entusiasta e assillante che capisce a prima vista di aver incontrato la donna della sua vita o quella ragazza insopportabilmente respingente e incazzosa (tipi adolescenziali infinitamente replicati dalla notte dei tempi e qui in versione american pie romantica). I millennial no, sono diversi. Non corteggiano più in quella maniera grezza e insieme cervellotica, piuttosto sono sintonizzati sulle ostentazioni similpornografiche dei belloni della saga di “After” (sebbene resista un drappello fulminato sulla via di Damasco per l'immarcescibile "Tempo delle mele", e ci mancherebbe pure). Non comprendono l’osmosi di anime pure e inquiete che finisce per unire Gary e Alana.
Gli adulti, invece, che sanno di cosa stiamo parlando, per entrare in sintonia con la poetica di PTA, oltre che essere innamorati devono aver potuto collaudare il sentimento, aver provato che davvero può durare per tutta la vita come sono convinti Gary e Alana (lui, della scuola dantesca dell'amor che a nullo amato, al primo sguardo; lei lo ammette dopo due ore di casini, attrazioni e paturnie varie). Gli altri, che hanno fatto esperienza di amore disperato, non ci si troveranno in quelle corse a perdifiato direttamente nel futuro – l’ansia di crescere nonostante il Vietnam, gli imbrogli della politica, la crisi dei carburanti e la guerra (incredibile il ricorso storico da brividi piovuto addosso al geniale PTA, a vedere adesso il film).
Questi ragazzi corrono tanto, hanno fretta di vivere e diventare star del cinema o ricchi e potenti. Si mandano al diavolo a ripetizione ma poi ci sono sempre l’uno per l’altra. Una leggerezza che commuove, occhi grandi e sorrisi freschi. Hanno ragione loro a credere nell’amore vero - conquistato come un trofeo, con la perseveranza e scardinando equivoci e barriere difensive di autodeterminazione?E soprattutto hanno ragione a credere che esiste la persona, “quella” persona, destinata a noi e che se la vogliamo al massimo l'avremo e la terremo? 
Alla fine, quando intorno tutto sembra crollare, abbiamo bisogno soltanto di qualcuno che ci prenda la mano e ci dica che il mondo non finirà.
Con un piccolo sforzo in più, forse questa meravigliosa utopia potrebbe convincere anche me – per il momento però resto nelle retrovie di quelli che anziché farli finalmente correre nella dolce pienezza del primo bacio e l'agognato seguito di passione preferiscono fermare Gay e Alana nell’ultima scena del film. Per il loro bene, per non rovinare tutto e risvegliarsi astiosi e nemici in Revolutionary Road. Ma per Anderson così è tutto sbagliato. E infatti è il segnale rivelatore che non ho davvero adorato “Licorice pizza”.

Commenti

Post popolari in questo blog

Donne dell'anima mia