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Povere creature!

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Finalmente siamo riusciti a vedere anche in Italia “Povere creature!” di Yorgos Lanthimos, e adesso tutti vogliamo parlarne. Campione di botteghino annunciato, questa smania di commentarlo, consigliarlo, dirsene entusiasti o delusi, è di per sé un successo per il regista greco.

Anatomia di una caduta

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Sembra di essere dentro le pagine di un libro di Durrenmatt, invece è un film per il quale non a sproposito è stata usata la parola capolavoro. Dopo la palma d’oro a Cannes e il reminder alla Festa del cinema di Roma, “Anatomia di una caduta” di Justine Trier finalmente arriva nelle sale italiane con la fama di thriller psicologico – che ci sta, acchiappa ed è un’astuzia pubblicitaria comprensibile contro il rischio che un film con aura di femminismo e suggestioni letterarie potesse allontanare un pubblico che in gran parte non ha mai troppa voglia di tematiche impegnative e soprattutto di farsi avviluppare in pensieri angosciosi.

Di violenza, genitori, figli e donne sotto accusa

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Chi scrive ha urgenza di conoscere, capire, entrare nelle pieghe dell’umanità. Sono andata a guardare i profili social dei ragazzi del branco di Palermo, e in quello del più giovane ho cercato a ritroso nelle foto del passato.

Barbie

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Anche Greta Gerwig da bambina ha giocato con Barbie, come me e tante donne della mia generazione, che credo sia stata quella del passaggio più lungo dall’infanzia all’adolescenza, dove la comfort zone delle bambole è stata dilatata e difficile da abbandonare. 

Mixed by Erry

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Se qualcuno che è stato ragazzo negli anni Novanta ascoltavo nelle cuffiette del mitico “gelosino” una cassetta con brani a richiesta realizzata dall’amico che se ne intendeva di tecnologia, se una di noi ex adolescenti ha ricevuto in dono quella musica artigianale dal tipo che le faceva il filo (sì, qui crush non c’entra niente, è questo il gergo giovanile giusto per l’argomento), è stato grazie al leggendario dj Erry, l’inventore dei nastri contraffatti.

Tina & Tin

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La maternità non è mai stata così horror come in “Tina & Tin”, film spagnolo di Rubin Stein che era già un piccolo capolavoro di genere nella versione cortometraggio diretta dallo stesso regista. Il filone è collaudato (da “La mano sulla culla”, archetipo di una folla di tate assassine guidate da traumi di gravidanze fallite, al visionario “Madre!” di Darren Aronofsky) ma qui c’è un abbinamento particolarmente esplosivo, che lega con un filo rosso asfissiante la condizione materna e la religione, in un coacervo di sensi di colpa, obblighi sacrificali, miracoli e punizioni.