Peter Pan - il musical
Questa mia recensione sul musical Peter Pan di Maurizio Colombi andato in scena a Cosenza è stata pubblicata oggi sul Quotidiano del Sud
COSENZA – Parola d’ordine pensieri felici nel mondo di Peter Pan, che al teatro Rendano invita a restare bambini spargendo sulla platea la scintillante polvere di fata che permette di alzarsi in volo sospinti dai propri sogni. Il premiato musical del maestro del “family show” italiano Maurizio Colombi ha chiuso in bellezza la sua dodicesima stagione (fin qui 950 repliche complessive) nella città dei Bruzi con Ruggero Pegna. Bel colpo d’occhio vedere a teatro tanti bambini e ragazzi insieme ai genitori – abitini non più da principesse ma stile influencer per le femminucce, papillon per i maschietti e vari outfit da gran sera ad accomunare adulti e giovanissimi nel condividere un’occasione speciale. Che, come ordinato da Peter Pan, è soprattutto quella di ritrovare l’innocenza d’animo e la spensieratezza, in questo caso con il formidabile strumento della musica. Al centro dello spettacolo ci sono le note canzoni del cultissimo album di Edoardo Bennato “Sono solo canzonette“ (ma anche come filo conduttore del musical la bellissima “Ogni favola è un gioco”, che faceva parte invece del successivo “E’ arrivato un bastimento”) alcune delle quali rivedute e corrette nei testi per adattarle alla storia del ragazzo-folletto che non vuole crescere e a cui regala una sfumatura di maliziosa ironia l’interpretazione a sorpresa di Carlotta Sibilla (ottima sostituta del “titolare” Giorgio Camandona, uscito dal cast per un altro impegno professionale). Bennato è un classico generazionale, i genitori ripetono le strofe a memoria, i bambini le imparano subito in un collettivo inno alla fantasia. Capriole, balli, canti e il magico volo di Peter, Wendy (la crotonese Martha Rossi) e i fratelli Darling diretto da Pierfrancesco Martinotti lasciano i giovani spettatori incantati, così come gli effetti speciali visivi, le scenografie mobili e a sovrapposizione, le immagini animate e le luci, tra cui quella saettante della fatina Trilly che rimbalzando svela i contorni del celebre personaggio disneyano. Il fiabesco romanzo di Barrie contrappone l’età adulta all’ideale di un’eterna giovinezza priva di impegni e responsabilità, ma anche vuota di sentimenti. Quando Peter rifiuta l’amore della dolce Wendy e rimane solo, chiederà aiuto a tutti coloro che hanno un cuore pulsante per salvare Campanellino gridando all’unisono, genitori e figli in sala, la loro incrollabile fede: sì, io credo alle fate! Grande protagonista per carisma e presenza scenica è il Capitan Uncino Emiliano Geppetti, performer di vecchia data con Colombi (per lui doppio ruolo, è anche il severo papà di Wendy), sia nei numeri di assolo ma pure in coppia con il simpatico Spugna (Jacopo Pelliccia). La storia si presta a un ricco allestimento teatrale nel passaggio dalle scene di casa Darling all’avventurosa Isola che Non C’è, la nave dei pirati e il temibile villaggio indiano. Le risate dei bambini, poi, salutano i divertenti pupazzi umani del Coccodrillo e il cane-tata Nana.
Come si richiede a una rilettura pensata per suscitare fanciulleschi pensieri lieti, Colombi sceglie di mitigare le tante allegorie oscure di Barrie con un rassicurante sconfinamento sulla linea divisoria tra buoni e cattivi, dove persino il famelico alligatore è un giocherellone e gli orfani abbandonati sono accolti nella famiglia. Terminato il gioco, Wendy è nuovamente una bambina che aspetta il materno bacio della buonanotte. Le mamme, soltanto loro, oltre a raccontare storie, conoscono tutte le cose vere. E sanno che, anche se si ha a che fare con uno sfuggente Peter Pan, bisogna lasciare sempre la finestra aperta per i bambini sperduti che vogliono tornare a casa. Sul palco quella finestra è l’accesso a un immenso pannello di stelle, dedicato ai sognatori capaci di volare. Il commiato finale del cast non può che lasciare, a pieno merito, uno spazio di applausi al gruppo tecnico, autore del prodigio più straordinario del teatro, quello che ogni volta, all’apertura del sipario, è capace di trasformare la finzione in emozionante realtà.
Come si richiede a una rilettura pensata per suscitare fanciulleschi pensieri lieti, Colombi sceglie di mitigare le tante allegorie oscure di Barrie con un rassicurante sconfinamento sulla linea divisoria tra buoni e cattivi, dove persino il famelico alligatore è un giocherellone e gli orfani abbandonati sono accolti nella famiglia. Terminato il gioco, Wendy è nuovamente una bambina che aspetta il materno bacio della buonanotte. Le mamme, soltanto loro, oltre a raccontare storie, conoscono tutte le cose vere. E sanno che, anche se si ha a che fare con uno sfuggente Peter Pan, bisogna lasciare sempre la finestra aperta per i bambini sperduti che vogliono tornare a casa. Sul palco quella finestra è l’accesso a un immenso pannello di stelle, dedicato ai sognatori capaci di volare. Il commiato finale del cast non può che lasciare, a pieno merito, uno spazio di applausi al gruppo tecnico, autore del prodigio più straordinario del teatro, quello che ogni volta, all’apertura del sipario, è capace di trasformare la finzione in emozionante realtà.
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