Sergio Cammariere "La fine di tutti i guai"

Questa mia recensione al tour di Sergio Cammariere “La fine di tutti i guai” a Lamezia Terme, è stata pubblicata oggi sul Quotidiano del Sud













LAMEZIA T. - Il jazz, prima che musica, è uno stato dell’anima e non avrebbe potuto dimostrarlo meglio Sergio Cammariere a Lamezia, dove, inaugurando la seconda vita del teatro comunale Grandinetti con l’attesissima unica data calabrese del tour “La fine di tutti i guai”, con spontaneità e grande arte d’improvvisazione è uscito dall’impasse di un problema tecnico che aveva rischiato di bloccare il concerto. Microfoni del pianista completamente in tilt dopo appena due brani, nel bel mezzo del bellissimo “Ma stanotte dimmi dove vai”.
Ma Sergio non si lascia mandare in panico e con naturalezza riempie i tempi morti necessari alla risoluzione del guasto con un vero e proprio mini “one man show” e tanto di discesa in platea («facciamo così… chiedete e farò tutto quello che volete» e via con l’elargizione di selfie, abbracci e strette di mano), balletti estemporanei ed esecuzione garibaldina di pezzi piano solo ma anche vocalmente cooperativi, dove per sopperire all’amplificazione disastrata ci sono i battimani e il coro degli spettatori, che le parole le conoscono tutte a memoria («adesso aiutatemi voi ma dopo le rifacciamo”, promette – la scaletta si fa per intero, qui non ci sono magagne che tengano né giochi al risparmio). Si va avanti così per quasi mezz’ora e nessuno se ne accorge, anzi ci si diverte insieme: è il bello della “diretta”, quello che più galvanizza i jazzisti. Cammariere poi si sente a suo agio ed è a casa, intanto perché la Calabria è la sua terra e la rinnovata gioia di suonare qui la dichiara subito, in apertura di serata; e pure perché il concerto ha chiuso la rassegna Fatti di Musica dell’amico Ruggero Pegna, storico promoter dei live regionali dell’artista crotonese (con emozione anche lui ricorda: «La prima volta che ti ho portato qui avevo addosso la mascherina dopo il trapianto di midollo», e la platea applaude, la musica è un collante fortissimo e annulla le distanze: Pegna è accanto al sindaco lametino Paolo Mascaro, contro cui alle recenti comunali è stato contrapposto in una vivace tenzone elettorale fino al ballottaggio, e quando il riconfermato primo cittadino lo chiama sul palco non c’è nessun gelo, anzi spiega che «siamo cresciuti insieme e sempre insieme faremo molte cose per la città»).
Una serata è che un doppio ritorno, quello di un artista alle sue origini e quello di un teatro, finalmente restituito ai cittadini dopo il lungo stop burocratico. Al riaperto “Grandinetti”, tra fotografi, ouftit eleganti e anteprime di auguri natalizi, c’è voglia di glamour. L’associazione lametina dei Vacantusi, già protagonista della prima ufficiale del teatro lo scorso ottobre, presenta ora con Cammariere la stagione teatrale “Vacantiandu” con l’idea di proporre un contenitore culturale variegato.
Ripristinato l’audio digitale, Sergio Cammariere ritrova la sua voce intensa ed entra nel vivo della performance dedicata all’ultimo album “La fine di tutti i guai”, il decimo. Con lui Amedeo Ariano (batteria), Luca Bulgarelli (contrabbasso), Bruno Marcozzi (percussioni) e Daniele Tittarelli (sax), la formazione che lo accompagna dall’esordio di carriera e ha partecipato anche al disco, undici tracce (composte in gran parte con l’amico paroliere Roberto Kunstler) sempre molto jazz, dove si spazia da ballate un po’ country al blues e il funky ma con una nuova curiosità verso il pop. Tema portante è, come nell’intera opera di Cammariere, l’amore in ogni sua sfaccettatura, e in tempi di crisi e terrori vari è ancor di più l’antidoto al male, appunto “la fine di tutti i guai”. In oltre due ore di live il pianista e compositore concede però, e non avrebbe certo potuto sottrarsi, anche i suoi vecchi successi (con in testa la popolarissima sanremese “Tutto quello che un uomo”) nella chiave dal vivo molto movimentata e originale, che segue il filo conduttore jazz ma sperimenta anche trascinanti ridondanze latine. Non esistono snobismi, soltanto il piacere di far buona musica, comunicare, entrare in contatto con i cuori, impresa non difficile per il piano suadente e le parole calde, malinconiche e al tempo stesso piene di gioia di Sergio Cammariere, che non disdegna anche di tornare alla propria versione giovanile e bohemien, quella di un giocoso pianobar, quando accontenta affettuosamente le richieste urlate qui e là dalle poltroncine come in una classe di ragazzini entusiasti. Ci sono “L’amore non si spiega”, “Padre della notte”, “Mano nella mano”, “Le porte del sogno”, “Via da questo mare”, “Tempo perduto”, “Dalla pace del mare lontano”, idealmente dedicata ai migranti di oggi e di ieri.
Dopo due lunghi bis (prima, a furor di popolo, nuovamente “Tutto quello che un uomo”, a seguire senza soluzione di continuità le amatissime “Viali di cristallo” e “Sorella mia”), l’artista saluta il pubblico con un altro piccolo gesto di familiarità e amicizia, indossando la maschera rossa dei Vacantusi ricevuta in omaggio sul palco del “Grandinetti”, che dopo la consegna era rimasta in mostra sul pianoforte, come un talismano.

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