Gli spiriti dell'isola



L’incipit di “Gli spiriti dell’isola” è scioccante e surreale. Vediamo Padraic passare come ogni giorno da casa dell’amico Colm per andare insieme al pub ma l’altro non gli rivolge la parola e lo ignora come se fosse invisibile. Vediamo quella scena, sottolineata da un’ipnotica melodia di canti celtici, e pensiamo che nella vita vera queste cose non accadono e comunque non così.
Invece dopo aver visto il sensazionale film di Martin McDonagh ho sentito molte persone rivendicare quella stessa esperienza. Gente che taglia i ponti con tutti senza spiegazioni, che sostituisce legami amicali come pedine intercambiabili o semplicemente che smette di parlare con qualcuno, come avviene nel film. Insomma non è fantasia, esiste chi lo fa davvero e quelli che hanno subìto questa versione ermetica e incomprensibile del trattamento del silenzio (non è una punizione, soltanto caparbia volontà di eliminare una persona dalla propria vita) lo riconoscono – si riconoscono – e al film chiedono di svelare l’arcano: perché mai quel mio ex compagno di scuola si comportò esattamente così? Colm però non fa mistero della motivazione per cui Padraic deve stare lontano da lui, e glielo dice con brutale nettezza. Entrambi vivono nell’isola irlandese immaginaria di Inisherin, una monade immutabile e isolata dal continente, dove è in corso la guerra civile (siamo negli anni Trenta), ma mentre Padraic è un mandriano dalla personalità umile, Colm è violinista e sta attraversando un momento di crisi artistica. 
La storia è questa: Colm sbatte in faccia all’ex amico che parlare e bere birra con lui lo annoia, e ora che sente avvicinarsi la vecchiaia vuole dedicarsi alla musica per dare un senso alla sua esistenza, lasciare un segno, sublimare la sua presenza sulla Terra. Continuare a frequentare Padraic sarebbe uno spreco di tempo e lo distrarrebbe dall’obiettivo di realizzare una grande opera. Colm ha capito che l’unico vettore per l’immortalità è l’arte, che resta intatta anche dopo la scomparsa del suo autore. Impossibile dargli torto sul punto: è il primo ribaltamento del film, all’improvviso Colm non ci sembra un matto a cui non funziona più la testa, ma il depositario di verità incontestabili eppure dogmatiche, mancando la dimostrazione empirica. Colm parla alla nostra parte irrazionale, quella a cui ognuno può decidere di dare ascolto con il rischio di soccombere ad essa.
Poi però per respingere Padraic, il musicista minaccia e mette in atto una progressiva amputazione delle dita della mano, ammonendo l’altro a non tentare un avvicinamento. Adesso il violinista ci sembra nuovamente impazzito, ma è in arrivo un ulteriore cambiamento. Padraic si è stancato di essere buono e remissivo e che questa sua indole lo etichetti come noioso. Offeso dalle parole di Colm si trasforma in cinico e sviluppa un feroce rancore verso l’amico che lo rifiuta. Tentano inutilmente di riportare la pace tra i due (i bravissimi Colin Farrell e Brendan Geeson) ci sono Siobhan, sorella nubile di Padraic che soffre l’ambiente dell’isola, popolata soprattutto da agricoltori, e sogna l’amore; e Dominik, lo scemo del villaggio figlio del capo della polizia locale, vittima di abusi familiari e tenuto alla larga dai compaesani per le sue bizzarrie. Ma Padraic si sente ferito perché la sua personalità mite è travisata e si chiede come possa l’arte essere un valore più alto della gentilezza. Tanto vale esercitare la cattiveria e Colm dargli ragione quando ammette che, sotto l’effetto di alcol e guidato dalla furia, il pastore gli appare più interessante convincendolo quasi a ritornare sui suoi passi. Non andrà così. 
Anche la guerra civile sembra in remissione ma gli scontri tra due fronti opposti non finiscono mai – la guerra è insita nella natura umana e saranno gli stessi Colm e Padraic a dimostrarlo nell’epilogo della storia, che sconfina in una grandiosità distruttiva da tragedia greca. Verrebbe da dire che, visto a Pasqua nel clima di pace e perdono cristiano, è un film vagamente blasfemo soprattutto perché si svolge in un paese ultracattolico e una scena sarcastica ma non troppo ci ricorda quanti scheletri nell'armadio abbiano le chiese. Insomma, le responsabilità di odi e divisioni sono tutte sotto il cielo e non il contrario. E poi a Dio poco importa, per dirne una, della morte di un'asinella: per questo, osserva Padraic, le cose non vanno tanto bene sulla terra.
Gli spiriti del titolo italiano sono le banshee, creature soprannaturali dalle sembianze femminili che le leggende irlandesi e scozzesi immaginano portatrici di dolore. A loro Colm ha dedicato la sua composizione musicale, ispirata a visioni non certo amorevoli dell’ex compagno di serate al pub. Lo sfondo del film è la meravigliosa e selvaggia campagna irlandese a picco su un mare possente e dall’orizzonte infinito. Che è la linea di confine tra i sogni di chi vuole abitare fino alla morte a Inisherin e chi desidera andare via, tra chi è fermo e chi in movimento. Forse per vivere in pace basterebbe che le persone che si amano fossero d’accordo su una delle due grandi opzioni dell’umanità, ma di solito avviene sempre il contrario, con l'aggravante di addebitare con esclusività coraggio o vigliaccheria. Chi è partito non tornerà, per chi rimane solitudine e assenza non sono abbastanza forti per sradicare un ottuso senso di appartenenza, che cela la paura dell’ignoto, di quello che c’è oltre il mare. Uno dei due ha ragione o persino entrambi, ma non spetta a noi dirlo, non spetta a nessuno.

 

Commenti

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Donne dell'anima mia