Mixed by Erry



Se qualcuno che è stato ragazzo negli anni Novanta ascoltavo nelle cuffiette del mitico “gelosino” una cassetta con brani a richiesta realizzata dall’amico che se ne intendeva di tecnologia, se una di noi ex adolescenti ha ricevuto in dono quella musica artigianale dal tipo che le faceva il filo (sì, qui crush non c’entra niente, è questo il gergo giovanile giusto per l’argomento), è stato grazie al leggendario dj Erry, l’inventore dei nastri contraffatti. Al secolo Enrico Frattasio, protagonista del film “Mixed by Erry” di Sydney Sibilia che dopo una programmazione lusinghiera nelle sale (quasi quattro settimane di permanenza tra le varie sale italiane lo scorso aprile) è arrivato su Netflix balzando al settimo posto dei più visti nel mondo e primo tra gli italiani.

Una storia reale che, come sempre accade a Napoli, ha contorni di incredibilità difficili da distinguere dal vero. Nel caso dei fratelli Frattasio la vicenda è epocale e in un’atmosfera nostalgica che tocca miracolosamente il presente (la festa per lo scudetto del Napoli del 1987 ha la stessa incontenibile gioia di quella esplosa qualche settimana fa) racconta di un mondo che non è cambiato. dove il confine tra legalità e reato spesso coincide con la lotta sociale. Senza scomodare il principio della necessità di contrastare una legge qualora sia ingiusta, i Frattasio nascono nel quartiere napoletano di Forcella e sin da bambini assistono alla prepotenza dei camorristi, nutrita nelle arroganti spavalderie dei coetanei figli di pesci grandi e piccoli. In famiglia non è proprio tutto in regola: il padre campa nel contrabbando, ma spiega ai suoi ragazzi che a tavola non mancherà mai un piatto di cibo quindi tecnicamente non sono poveri, anche se non possono permettersi la bicicletta con il cambio automatico sfoggiata dal ragazzino fanfarone e acquistata con i soldi elargiti dal boss don Mario. L’onestà per Frattasio (un baffuto Adriano Pantaleo, ex bambino di “Io speriamo che me la cavo”) è un concetto filosofico. Si può vendere liquore annacquato con un’arte di arrangiarsi che è pura genetica partenopea dalla fontana di Trevi di Totò in poi, ma non si spaccia, non si usano armi, non si uccide. Di fronte a un’aggressione a Enrico, il fratellino Angelo colpisce un bullo e finisce nel carcere minorile per tentato omicidio, ma quando esce è incorrotto e puro come un agnello, soltanto un po’ più sgamato. La rabbia pretestuosa e posticcia di “Mare fuori” è lontanissima, nonostante il sangue che riga i vicoli, le retate nelle ville dei criminali e persino gli elicotteri che volano sulla città per mettere le manette a ‘O Re.

Ma torniamo a quelle cassette. Allora come negli anni a venire con gli emuli di Erry, quelle scatolette evocative di note ed emozioni fecero nascere amori e arrivare la musica nei paesini dove non esistevano negozi di dischi. Enrico vuole fare il dj e così, davanti al giudice che lo condannerà per pirateria, si dichiara. Svezzato nella bottega di quartiere tra televisori e mangianastri, Enrico sa di essere dotato per questo mestiere ma non c’ha il fisico. Nelle discoteche non lo prendono perché non fa scena, però a mixare è un drago. Un dj può nascere anche a Forcella, nei sogni bisogna crederci. Quando propone al fratello maggiore Peppe – quello bravo a scuola ma finito pure lui nello smercio di sigarette – di iniziare un’attività, sembra un’impresa folle. I ragazzi sono costretti a chiedere l’aiutino all’usuraio ma in poco tempo riescono a restituire tutto e investire in una vera e propria industria discografica parallela a quella ufficiale. Diventano milionari e girano in Lamborghini. Li chiamano pirati e pare una scemenza, perché i soldi sono così tanti da reagire ai sequestri della finanza rinascendo dalle ceneri come un’invincibile araba fenice, e il capitano che li perseguita non riesce a fregarli. La sorte aiuta gli audaci: Angelo esce dal carcere e come un Jeeg Robot napoletano vince i nemici con un’esplosione di mortaretti di capodanno stile bomba atomica e un minaccioso mitra puntato per finta alla tempia del marocchino capo di un racket dei bassifondi; il rampollo camorrista che mira a una fetta della torta si fa fuori da solo in un regolamento di conti.

I Frattasio sono ricchi sfondati ma nessuno gliene vuole. Nel quartiere li amano e loro restano umili – il padre continua a vivere a Forcella e alzarsi alle 4 di mattina per andare al mercato con il suo whiskey annacquato da rifilare ai creduloni e pretende di realizzare il prodotto tarocco come ai vecchi tempi, sempre insieme ai figli. Fanno affari con un importante manager milanese (il bravissimo Fabrizio Gifuni) e non si lasciano fermare neanche dall’avvento del compact disc. Le loro cassette girano sulle bancarelle di tutta Italia e sono a loro volta piratate. Un falso del falso originale, che mandia in bestia l’accanito finanziere che si ostina a rincorrerli nonostante della faccenda non interessi nulla nemmeno ai suoi superiori. La pirateria non è un problema per il quale impiegare uomini e mezzi, e in fondo quei ragazzi non fanno del male a nessuno. La situazione però cambia quando Mixed by Erry diventa l’etichetta discografica più venduta e – cosa che fa impazzire l’entourage – fa concorrenza ai grandi marchi divulgando le compilation di Sanremo a festival in corso. Chi ipotizza una talpa in Rai si scontra con l’esito fallimentare di intercettazioni surreali, con Erry che si apparta per telefonare a qualcuno dall’Ariston e poi è la mamma a cui sta augurando buona visione del popolare programma. Come facessero a uscire con i brani sanremesi bruciando tutti gli altri, il film non lo rivela, ma è quella sfolgorante spacconata che fa saltare la mosca al naso al sistema. Aver toccato gli interessi di chi conta spinge il governo a scendere in campo e dichiarare guerra alla pirateria. Quella non è più solo una definizione un po’ comica, all’improvviso diventa un crimine gigantesco e i Frattasio finiscono dietro le sbarre. Ma la loro musica no, quella non la ingabbiano, ormai non sarà più possibile. E’ quella che ancora oggi troviamo negli stand delle località di montagna, dischetti con le copertine fotocopiate e brani vintage o di cantanti sconosciuti dai nomi improbabili. Continuando la missione di Erry, che nelle sue compilation inseriva anche i cantanti emergenti, regalandogli un pubblico che non avrebbero mai avuto. Mi è capitato qualche anno fa di parlarne con un artista, che a proposito della pirateria mi ha detto: “Fanno benissimo, a me non importa… della roba mia possono scaricare quello che vogliono, quelli se lo meritano”. Con ‘quelli’ intendeva le etichette che dominano il mercato. Il diritto d’autore, lo sappiamo, è trasversale alle reali opportunità degli artisti. Paradossalmente, a uno sconosciuto può essere più utile farsi piratare ma almeno essere visto, ascoltato, non rimanere un fantasma. La miseria economica concessa dallo stato per le opere d’ingegno non vale l’unico motivo per cui si crea arte: arrivare agli altri, a più persone possibili, a un vero pubblico.

Il vero Enrico Frattasio, che oggi ha 60 anni ed è un uomo libero, nonno e produttore di scatole, ha detto che nella storia cinematografica c'è qualche licenza poetica, e rivendica l'innocenza della sua avventura. Il reato non esisteva ancora e in quel quartiere, tra morti ammazzati e sirene della polizia che rimbombavano in strada, copiare un brano era un lavoro senza macchia, uno dei tanti espedienti per restare bravi ragazzi e sbarcare in qualche modo il lunario. Sui social, dopo l'ondata revival del film, in tanti lo ringraziano per "aver contribuito alla diffusione della musica". Come un Robin Hood vesuviano, un benefattore. 
Il film di Sibilia (sceneggiato dal regista, non napoletano, insieme a un autore che lo è, Armando Festa), tratto dal libro di Simona Frasca su Dj Erry, è un gioiellino pop che racconta la memoria di una generazione. Si narra che gli stessi autori abbiano confezionato qualcuna delle mitiche cassette e sarà vero perché in ogni città di quegli anni vive il ricordo di un Erry locale a cui ci rivolgevamo per ottenere la nostra compilation personalizzata. Dagli attori guitti naturali (Luigi D’Oriano, Giuseppe Arena, Emanuele Palumbo, Francesco Di Leva con le loro citazioni dei grandi napoletani, Totò e Troisi in testa), alla colonna sonora che mette insieme Peppino di Capri, i Jackson Five e il brano originale di Liberato “O dj Don’t give up”, ai deliziosi fotogrammi da teche dove rivediamo la ruota di “Ok il prezzo è giusto” e ovviamente il festival di Sanremo al suo massimo splendore, “Mixed by Erry” ha già vinto ai Nastri d’argento, nella categoria commedia, i premi al miglior film, produzione, scenografia e casting director. Da pochi giorni è uscito sul mercato dell’home video, un cerchio che si chiude. Quando Erry entra a Poggioreale gli altri detenuti lo chiamano maestro e nel finale c’è una geniale trovata che non sveliamo. I Frattasio si sono fatti qualche anno di carcere e per la legge furono ladri: Erry non aveva mai pensato di poter maneggiare tanti soldi ma non l’aveva fatto per quello. Lui voleva essere un dj, eppure scoprì che, anche se hai talento, tutto dipende da dove nasci. A Forcella devi tenerti stretto il lavoro di commesso in un negozio di dischi e la musica al massimo la ascolti come hobby, il resto lascia perdere ché non è cosa tua. Lui ha dimostrato che se nasci nel posto sbagliato forse i sogni ce la fai lo stesso a realizzarli, ma prima o poi li paghi cari. La musica però puoi suonarla, registrarla o copiarla... fermarla, mai. 

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